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  • 23/05/2024 00:56

Servono ancora gli Psichiatri?

Servono ancora gli Psichiatri? di Andrea Angelozzi il titolo di una recente lettera su Quotidiano Sanità sulla reale utilità degli ospedali mi ha sollecitato un curioso dubbio: servono ancora gli psichiatri? Il particolare meccanismo, per cui di fatto gli psichiatri in specializzazione sono ormai una specie in via di estinzione e gli scarsi investimenti nei servizi pubblici vedono sempre meno tale figura, alla fine è realmente un problema o la raggiunta consapevolezza di una effettiva inutilità? In fondo fino a non molto tempo fa l’Africa sopravviveva con uno psichiatra ogni 5 milioni di abitanti. Che sia un modello da inseguire? Questo tarlo mi ha portato a domandarmi che cosa sia richiesto agli psichiatri attualmente e soprattutto cosa realmente facciano, e quindi in che misura possano essere sostituiti da altre figure. In teoria dovrebbero organizzare servizi e dipartimenti, ma in realtà, stretti fra quanto consentono le poche risorse e quando richiedono le varie Direzioni Strategiche, peraltro totalmente digiune di ogni sapere psichiatrico, finiscono per occuparsi non di organizzazione, ma di una gestione della quotidianità ove conta di più un equilibrismo da ragionieri che non le vision da management clinico. Certo, ad essi viene richiesta una importante funzione nella diagnosi e nella cura delle malattie mentali. Ma è realmente così? Sulla diagnosi ho molti dubbi, non solo per la mia esperienza che mi aveva portato anche a vedere come lo stesso paziente, in 18 consulenze in un breve periodo ad un PS, aveva collezionato 11 diagnosi diverse, alcune delle quali palesemente incompatibili fra loro, ma anche sulla base di una seria letteratura che ci conferma come, a dispetto dei tentativi uniformanti di DSM e ICD vari, la conferma di una stessa diagnosi fra professionisti diversi sullo stesso paziente rimane un miraggio lontano. Sempre che si ritenga, e non tutti sono di questo parere, che occorra fare diagnosi. Quanto alla terapia la situazione non è migliore: l’aderenza a linee guida e standard EBM - peraltro non certo univoche - è ancora molto lontana; alcuni ritengono poi che il ruolo dello psichiatra debba essere più vicino all’assistente sociale che non al clinico; altri che occorra sviluppare abilità da farmacologo a cui, nelle situazioni urgenza è bene associare competenze anestesiologiche. Di fatto, in questo caos, i pazienti continuano i loro cammini e si avviano a percorsi forse più in mano al destino che non alle ricette, e di cui talvolta gli psichiatri sono puri testimoni. Non dimentichiamo che la gran parte della psichiatria popolare ritiene che il loro lavoro possa essere svolto adeguatamente dai Medici di Medicina Generale e da medici di specialità affini, e che bisogna anzi limitare l’intervento specialistico per non peggiorare le cose. D’altra parte, popolazione ed istituzioni suggeriscono, in maniera sempre più accentuata, l’idea che la loro attività psicoterapeutica, ove peraltro la variabilità è la regola e la autoreferenzialità ha un ruolo importante, debba essere svolta in modo più rigoroso dagli psicologi, per giunta in maniera meno stigmatizzante. Ma allora, cosa rimane allo psichiatra di specifico? Non certo - si spera - la funzione di contenimento dell’ordine sociale e della moralità dei comportamenti. Per questa pura funzione di controllo, che la Legge 180/78 pensava di avere eliminato, ma di fatto è rientrata con la Legge 81/2014, funzione che peraltro Amministratori, Medici di altre specialità e pensiero popolare hanno sempre mantenuto sullo psichiatra, ci sono numerose altre figure più preparate professionalmente che possiamo trovare nelle forze dell’ordine e nell’ambito penitenziario. Certo la presenza dello psichiatra consente di attribuire al tutto una parvenza scientifica, ma questo non è un problema in molti paesi quali gli USA dove di fatto le carceri sono il più grosso contenitore di disturbi mentali. E per quanto riguarda il mondo peritale, come dimenticare le splendide pagine in cui Foucault ci spiega come la perizia non sia nè un atto scientifico nè giuridico, ma un puro artifizio retorico?. Sono molto poche le perizie che abbiamo visto con una dignitosa ed aggiornata bibliografia a supporto dei vari passaggi descrittivi e definitori, affidati invece spesso a pure ricostruzioni da psicologia popolare che narrano il romanzo di come si sarebbe morbosamente attuato il reato se il paziente lo avesse fatto. Il tutto garantito dal nome e dai titoli del perito... Anche questa è una parte a cui si può facilmente rinunciare. Cosa rimane? Il ruolo dello psichiatra nei vari talk show televisivi ove millanta l’dea di poter prevedere i comportamenti delle persone, puntualmente smentito dai fatti e di poter spiegare tutto, sulla base di fragili meccanismi comprensivi di senso comune smentiti dalla statistica? Qui la sostituzione è più difficile, così come nei film, dove curiosamente allo psichiatra è attribuito un ruolo criminale o dello sciocco di turno, preso in giro dalle bugie del paziente. A sostenere in fondo quanto Karl Kraus scriveva in un aforisma: che la psichiatria sta alla follia come la pazzia concava a quella convessa. Ma sono sicuro che candidati di altre professioni per tutti questi ruoli non mancheranno… Alla fine un dubbio avvolge tutti questi dubbi: che per questa psichiatria a cui oggi assistiamo non servano gli psichiatri, ma che possano avere un senso in un modo diverso di fare psichiatria, da cui però attualmente siamo molto lontani. Andrea Angelozzi Psichiatra https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=122252

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