Il nuovo calendario 2026 del Gruppo Giannecchini porta la firma di Fabrizio Spadini
Prosegue la collaborazione ...

Quando una ragazza di diciannove anni si toglie la vita perché si sente una fallita, siamo noi che abbiamo fallito.
Quando muore una ragazza di diciannove anni perché si vergogna di non aver passato un esame, siamo noi che siamo da bocciare.
Ci crediamo assolti, ma siamo tutti coinvolti.
Noi, che abbiamo messo in piedi questa società ultracompetitiva, votata all’ideale di una perfezione posticcia e inesistente; noi, che abbiamo apparecchiato ai nostri figli una tavola di bocconi amari, riempito i loro zaini del peso di troppe aspettative, rubato i loro sogni con l’imperativo di non deluderci mai.
Noi, che esaltiamo la giovane laureata col massimo dei voti proponendola come unico modello da seguire, come quando i figli tornano a casa con un sette e ci lamentiamo perché il loro compagno ha preso otto.
Ci crediamo assolti, ma siamo tutti coinvolti.
Sarebbe bello circoscrivere la responsabilità di un suicidio alla famiglia d’origine, all’università, al suo pioccolo mondo, ma quando muore così una ragazza di diciannove anni la verità è che siamo tutti responsabili.
Ci crediamo assolti, ma siamo tutti coinvolti.
Sì, perché fingiamo di essere perfetti e di volere la perfezione, dimenticandoci che siamo anche - e soprattutto - il prodotto di molti sbagli. Dimenticandoci che siamo stati anche noi quelli che non riuscivano a passare un esame, quelli che per stupidità orgoglio o paura hanno buttato via anni e possibilità.
Siamo stati come loro, e forse anche peggio.
Quando la finiremo di far sentire i nostri figli inadeguati perché non corrispondono allo smisurato progetto che abbiamo su di loro? Quando la finiremo di essere esattori di risultati e ricominceremo ad essere genitori di speranze? Quando la finiremo di fare i confronti anche fra di noi, facendo a gara fra chi ha il figlio più bravo e più studioso, e ricominceremo a lasciarli crescere in pace?
Gli sbagli si fanno. Ma ci sono là fuori ragazze e ragazzi che sbagli ci si sentono. Non credono neanche più di aver commesso errori, ma di essere loro stessi degli errori.
Questo, e solo questo, è l’errore grande.
Ci crediamo assolti, ma siamo tutti coinvolti.
Un abbraccio alla famiglia della ragazza. Prosegue la collaborazione ...
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