"Riuso vs riciclo? No grazie!"
								
                                                                    
                                    
                                                                "Riuso vs riciclo? No grazie!": da Lucca l'appello a non mettere in concorrenza pratiche che devono rimanere complementari
La
 presa di posizione è chiara fin dal titolo: un "no" a contrapposizioni 
aprioristiche fra riuso e riciclo degli imballaggi, a beneficio del 
primo, come avviene invece nella proposta di Regolamento del Parlamento 
europeo pubblicata a novembre 2022.
Ad affermarlo, oltre a Confindustria Toscana Nord che ha organizzato e ospitato nella sua sede di Lucca il convegno "Riuso vs riciclo? No grazie!", importanti associazioni confindustriali di settore come Assocarta, Assografici, Assovetro e Unionplast.
 Del resto la stessa Confindustria nazionale ha manifestato con 
chiarezza una posizione contraria a parti fondamentali della proposta di
 Regolamento fin dalla pubblicazione di quest'ultimo, esponendo poi le 
proprie motivazioni nell'audizione parlamentare dello scorso 18 maggio. 
Lo strumento stesso del Regolamento, che a differenza della Direttiva è 
cogente per gli Stati membri, è ritenuto dal sistema confindustriale 
inappropriato: i principi di sussidiarietà, proporzionalità e neutralità
 tecnologica vorrebbero che, stabilito a livello europeo un obiettivo 
valido per tutti gli Stati, questi fossero poi liberi di perseguirlo con
 le modalità più in linea con le proprie esigenze e caratteristiche. Nel
 caso del riciclo degli imballaggi l'Italia è la nazione di gran lunga 
più virtuosa: l'obiettivo imposto dall'Unione europea del 65% del 
riciclo totale entro il 2025 è già stato ampiamente superato anche per 
la sola componente imballaggi, che nel 2021 (dati CONAI) è arrivata al 
73,3%; il recupero totale supera invece l'82%.
"Crediamo 
fermamente nell'economia circolare e concordiamo sull'obiettivo generale
 della proposta di Regolamento, che a questa si ispira - commenta Fabia Romagnoli,
 vicepresidente di Confindustria Toscana Nord con delega alla 
sostenibilità -. Ciò che non approviamo è l'assunto alla base della 
proposta, secondo cui il riuso sarebbe intrinsecamente da preferire al 
riciclo. Non è così, come non lo è il contrario. Certo, intuitivamente 
viene da pensare che riutilizzare un bene così come si presenta abbia un
 impatto ambientale inferiore rispetto a riciclarne la materia, ma su 
questi argomenti non si deve fare affidamento su impressioni 
superficiali. Talvolta le prestazioni migliori sono quelle 
controintuitive. Lo scopo del nostro convegno di oggi è quello di 
dimostrare, con il supporto di uno studioso autorevole come il professor
 Fabio Iraldo della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, che riuso e 
riciclo possono essere di volta in volta preferibili l’uno all’altro 
solo sulla base di valutazioni scientifiche rigorose, basate su calcoli e
 misurazioni. I temi ambientali si prestano particolarmente a prese di 
posizione aprioristiche, magari animate dalle migliori intenzioni ma di 
fatto infondate e sganciate da valutazioni oggettive. Rientrano in 
questa categoria la demonizzazione del monouso – che pure, accanto a 
controindicazioni, ha molti pro per esempio dal punto di vista igienico e
 che contribuisce alla conservazione dei cibi limitandone gli sprechi – o
 di determinati materiali rispetto ad altri – quando invece ogni 
materiale ha, dal punto di vista ambientale non meno che sotto il 
profilo funzionale, punti di forza e di debolezza per ogni singola 
finalità per la quale viene impiegato. E’ su questo che invitiamo a 
riflettere ed è per questa ragione che abbiamo invitato l’onorevole 
Andrea Barabotti, membro della X Commissione Attività produttive, 
commercio e turismo della Camera dei deputati e in tale veste relatore 
sulla Proposta di regolamento europea sugli imballaggi. E’ importante 
che le istituzioni italiane, così come le organizzazioni industriali 
europee attivate da Confindustria, facciano pressione per far modificare
 una proposta che farebbe fare un salto indietro, anziché in avanti, 
alla cultura della sostenibilità. Una cultura che deve essere basata 
sulla scienza e non su presupposti arbitrari e aprioristici.”
"Alcuni
 considerano il riuso una minaccia potenzialmente esiziale per il 
riciclo, altri lo vedono come l'assoluta panacea per la prevenzione dei 
rifiuti - osserva il professor Fabio Iraldo dell'Istituto di 
Management della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa -. La 
contrapposizione è emersa in modo netto anche dalle recenti audizioni 
delle commissioni parlamentari. Ma quanti conoscono in profondità i 
requisiti della proposta di Regolamento europeo? Sarebbe opportuno da un
 lato provare a partire dall'esame e dalla comprensione del testo della 
proposta, dall'altro ricorrere al metodo scientifico come supporto 
essenziale alla definizione delle politiche nel campo dell'economia 
circolare. In questo modo forse scopriremmo che ci sono vie percorribili
 per una maggiore efficacia ed efficienza del sistema, basate 
sull'integrazione tra riuso e riciclo, in ossequio alla piramide delle 
priorità. Strumenti come l'LCA-Life Cycle Assessment e l'LCC-Life Cycle 
Costing, che prendono in esame i prodotti in tutto il loro ciclo, dalla 
progettazione al fine vita, sono indispensabili per capire quali impatti
 effettivi si abbiano nel gestire quest'ultima fase come riuso, come 
riciclo di materia, come valorizzazione energetica o come smaltimento. 
Le sorprese non mancano, quando si effettuano analisi di questo genere. 
Intanto c'è una differenza fondamentale fra riuso 'as is', vale a dire 
riuso del prodotto esattamente com'è, sicuramente vantaggioso sotto il 
profilo ambientale, e riuso che comporta dei trattamenti ad esempio di 
lavaggio, dei trasferimenti con tutto ciò che questi comportano, dei 
sistemi di riuso: questi interventi finalizzati a rendere il prodotto 
effettivamente riutilizzabile possono erodere il vantaggio ambientale 
del riuso fino, talvolta, ad azzerarlo e a rendere più vantaggioso - 
sempre sotto il profilo ambientale - il riciclo della materia. Nel 
convegno di oggi abbiamo visto alcuni esempi di queste diverse 
situazioni. In alcuni casi il calcolo è particolarmente complesso ma 
comunque necessario per non incorrere in abbagli."
Le dichiarazioni dei rappresentanti dei settori
"Se
 spetta all’Europa indicare gli obiettivi ambientali, essa non può 
tuttavia giungere a imporre le uniche modalità per raggiungere gli 
stessi - dichiara Massimo Basta, membro del Consiglio direttivo 
di Assocarta -. La proposta di revisione della normativa imballaggi non è
 corretta sotto il profilo dello strumento e dei contenuti. Infatti, la 
proposta di revisione sarà un Regolamento, immediatamente applicabile e 
che non tiene conto delle differenze tra i vari Paesi, anche in termini 
di raggiungimento degli obiettivi di riciclaggio. Ciò rischia di mettere
 in crisi l'economia italiana del riciclo, che genera occupazione e 
ricchezza. La Commissione ha l’obiettivo di ridurre gli imballaggi. 
Spinge quindi sul riuso degli imballaggi e impone restrizioni ai 
prodotti monouso a prescindere dalla loro funzione d’uso e dalle 
motivazioni economiche e sociali. Va a questo proposito considerato che 
il riuso, così come le restrizioni sui prodotti monouso, non sono 
supportati da analisi LCA-Life Cycle Assessment che dimostrino che tali 
azioni porterebbero ad un miglioramento ambientale. Non sono 
assolutamente considerati la lotta allo spreco alimentare, la tutela 
della sicurezza e della salute dei consumatori e l’integrità dei 
prodotti. Gli imballaggi a base cellulosica (materiale rinnovabile e 
biodegradabile) non dovrebbero avere obiettivi di riuso ma obiettivi di 
riciclo più ambiziosi, così come i prodotti monouso in carta non 
dovrebbero essere sottoposti a restrizioni, in quanto riciclabili ed 
effettivamente riciclati. Servono norme e obiettivi differenziati a 
seconda dei diversi materiali, così come ad oggi la carta ha obiettivi 
di riciclo diversi e molto più alti degli altri materiali. Secondo un 
recente studio commissionato dalla filiera cartaria a livello europeo la
 sostituzione di imballaggi monouso nella ristorazione con quelli 
riutilizzabili, entro il 2030 in Belgio, comporterà fino a +160% di 
emissioni di CO2 e fino +130% in aumento di costi. Nel caso, invece, di 
riutilizzo nel campo del commercio elettronico le emissioni, nello 
stesso periodo in Germania, le emissioni di CO2 aumenterebbero fino al 
40% e i costi fino al + 200%. Infine, ma non meno importante, la spinta 
verso il riuso che la Commissione vuole imprimere rischia di introdurre 
un modello di produzione disaccoppiato dal modello di distribuzione, che
 ne risulterebbe “frammentato”, inefficiente e dall’elevato impatto 
ambientale ed economico. Frammentazione, significa in pratica 
re-introdurre delle barriere commerciali. Basti pensare che il 
riciclaggio avviene in prossimità del consumatore finale, mentre il 
riuso avviene presso il produttore."
"La nostra principale 
preoccupazione riguarda l’assenza di approfonditi studi scientifici alla
 base di questa proposta di Regolamento, che sarebbero indispensabili 
vista la portata e gli effetti che la sua applicazione avrà sugli Stati 
membri e le relative economie - aggiunge Gianluca Castellini, 
Membro del Consiglio di Presidenza GIFCO (Gruppo Italiano Fabbricanti 
Cartone Ondulato), in rappresentanza di Assografici -. Noi siamo 
assolutamente d’accordo con l’obiettivo di ridurre i rifiuti, ma 
contestiamo il modo in cui si vuole arrivare al risultato penalizzando 
il riciclo di carta e cartone, materiali naturalmente biodegradabili e 
sostenibili per eccellenza. A nostro parere, il risultato si può invece 
raggiungere adottando in modo complementare sia riuso che riciclo, a 
seconda delle diverse situazioni, dei canali e dei prodotti trasportati,
 non penalizzando il secondo a vantaggio del primo. E per farlo serve 
un’attenta analisi delle diverse supply chain che eviti provvedimenti 
generalizzati. Siamo infatti sicuri che il riutilizzo degli imballi sia 
sempre la scelta più amica dell’ambiente? Siamo sicuri che così facendo 
si ridurranno le emissioni di CO2? E’ stato correttamente valutato 
l’impatto ambientale dello smaltimento degli imballaggi riutilizzabili? 
 Inoltre è paradossale che si metta a rischio un’eccellenza quale il 
sistema di riciclo italiano, che non ha eguali nel mondo. Oramai da anni
 l’Italia raggiunge un tasso di riciclo dei materiali cartacei superiore
 all’80%, un primato che rischia di venire meno se non verranno accolti 
alcuni emendamenti da noi proposti. E questo, ad onor del vero, vale 
anche per tutti gli altri materiali di imballaggi. Secondo gli ultimi 
dati comunicati da Conai l’anno iniziato da poco dovrebbe vedere avviato
 a riciclo più dell’85% degli imballaggi in carta e cartone, oltre il 
77% degli imballaggi in acciaio, il 67% degli imballaggi in alluminio, 
circa il 63% degli imballaggi in legno, quasi il 59% degli imballaggi in
 plastica e bioplastica, e l’80% circa degli imballaggi in vetro. Con la
 proposta di Regolamento in discussione, tutto questo verrebbe messo a 
rischio e verrebbe vanificato il ritorno degli investimenti milionari 
fatti in Italia negli ultimi vent’anni. Ne vale davvero la pena? 
L’Italia è disposta ad accettare una tale imposizione dalla Commissione 
Europea, che andrà a vantaggio di altri Paesi in Europa che sono stati 
molto meno virtuosi in tema di riciclo?"
"L’industria italiana 
del riciclo, prima in Europa, e di cui il vetro è protagonista, 
rappresenta un comparto rilevante e strategico del sistema produttivo 
nazionale: conta ben 4.800 imprese, 236.365 occupati, genera un valore 
aggiunto di 10,5 miliardi (aumentato del 31% dal 2010) - commenta Walter Da Riz,
 direttore generale di Assovetro -.  Il vetro, che da solo produce per 
ogni euro investito 2,5 euro di valore aggiunto, ha raggiunto un tasso 
di riciclo proveniente dal packaging tra i più alti in Europa, con circa
 il 77%, in anticipo sul target europeo al 2030. Oggi oltre il 61% del 
vetro prodotto in Italia proviene da riciclo, consentendo così notevoli 
risparmi dal punto di vista energetico ed ambientale, tanto che il 
sistema, perfettamente funzionante ed efficace, è alla base 
dell’economia circolare e uno dei pilastri della decarbonizzazione. Il 
riutilizzo dei contenitori in vetro, inserito nella bozza del nuovo 
regolamento europeo sugli imballaggi, è un sistema che solleva dei 
dubbi, soprattutto se inteso come strumento 'principe' per la 
realizzazione dell’economia circolare: tra gli altri, genera un 
vantaggio ambientale principalmente su distanze limitate, non più di 
100-200 chilometri, e si adatta poco alla personalizzazione commerciale 
che, soprattutto per le bottiglie del vino e degli spirits, riveste un 
ruolo importantissimo per il marketing del prodotto. Se le scelte della 
Commissione europea impongono una riflessione anche sul riutilizzo, non 
bisogna dimenticare che i risultati del riciclo, almeno in Italia e 
soprattutto per un settore come quello del vetro, hanno dato risultati 
più che positivi sia in termini di costi che di salvaguardia 
dell’ambiente."
"La proposta di Regolamento europeo ci pone 
davanti a una sfida che abbiamo il dovere di affrontare facendo 
comprendere l’importanza della funzione degli imballaggi sotto i tre 
irrinunciabili profili della sostenibilità: ambientale, sociale ed 
economica - conclude il presidente di Unionplast Marco Bergaglio -.
 Rinunciarvi significa abdicare alla sostenibilità a favore del 
greenwashing. Condividiamo la finalità del Regolamento, ma riaffermiamo 
la necessità di riconoscere la funzione dell’imballaggio e la nostra 
contrarietà a norme che vanificano i risultati ottenuti dall’Italia 
nell’organizzazione di raccolta e riciclo degli imballaggi in plastica: 
il nostro Paese ha registrato i tassi più alti dell’intera Ue 
nell’attività di recupero e di riciclo, con un tasso del 55,2% superando
 con anni di anticipo il target UE per il 2030 del 55%. Quello che 
occorre e su cui si è investito è la creazione di un mercato funzionante
 di materie prime seconde, di soluzioni innovative che combinino elevata
 efficienza dei materiali con alta riciclabilità e uso di materiali 
riciclati. Del resto il nostro Paese è un grande riciclatore, ma non 
solo: i dati elaborati da IPPR-Istituto per la Promozione delle 
Plastiche da Riciclo dimostrano che in Italia si utilizzano oltre 1,2 
milioni di tonnellate di materie prime seconde per realizzare nuovi 
prodotti. Quantitativo che costituisce in media circa il 20% del totale 
delle plastiche trasformate in Italia contro una media europea del 6%. 
Sono stati certificati col marchio Plastica Seconda Vita ben 8000 
prodotti incorporanti plastiche riciclate nelle più svariate 
merceologie. Estrema contrarietà alla discriminazione degli imballaggi 
in plastica poiché sono previste misure restrittive esclusivamente per 
la plastica rispetto e non agli imballaggi realizzati con altri 
materiali, il tutto senza giustificazione. Le quote di riutilizzo (art. 
26, comma 7) e divieti (art. 22 e allegato V) sono presi in 
considerazione solo per alcuni tipi di imballaggi in plastica, 
perpetrando una dannosa forma di 'depistaggio ambientale'. L’Italia è il
 secondo produttore europeo di imballaggi dopo la Germania: 50mila 
addetti in quasi 3mila aziende, con un fatturato di 12.279 mln di euro, 
di cui circa il 45% derivante dall’export."