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  • 04/06/2023 12:35

C'è anche un altra verità

Infermieri c'è ne sono anche molti Italiani che non assumono vedete quanti interinali o in cooperative a basso stipendio lavorano!!! Anche il San Luca si nutre di infermieri interinali o cooperative poi un calcio nel culo e li rimanda a casa... Gli infermieri da Assumere ci sarebbero invece che prendere dall'India!!!.... Altro che!! E se vi fossero stipendi europei gli infermieri tornerebbero dalla Svizzera, da Londra e da altri Paesi doveo stioendio è europeo!! Invece in Italia che è in Europa pare, gli stipendi sono la metà.. Agli Indiani andrà bene lo stesso per amore del cielo ma CI SONO INFERMIERI ITALIANI disoccupati in fila per assunzioni a tre mesi come interinali o in cooperative con stipendio ancora minore... E lavorano accanto a infermieri stesso reparto una vergogna

I commenti

La grave carenza infermieristica italiana non si risolve reclutando Infermieri dall’India

Nel leggere l’intervista al Ministro della Salute, ripresa da su QS, sono rimasto molto colpito dalla soluzione proposta per la carenza infermieristica. Dice il Ministro: “Per questo stiamo pensando ad accordi con Paesi extraeuropei, che potrebbero metterci a disposizione professionisti già ben formati, dal punto di vista sanitario e della conoscenza della nostra lingua. Penso ad esempio all'India. Ha già chiuso protocolli con il Giappone e gli Usa. Hanno una scuola infermieristica di alta qualità e ovviamente tantissimi abitanti”.

Tale soluzione non sembra in linea, se non come soluzione marginale e tampone, con quanto di strutturale andrebbe fatto per l’aumento degli studenti e dell’attrattività dell’infermieristica.

Circa il reclutamento internazionale si pone anche una componente “etica” da ben valutare. L’India ha una carenza di oltre 1 milione di infermieri (solo 2.4 per 10.000 ab, in Italia circa 6.0) ed è poco sopra i valori soglia dei paesi dell’OMS, in cui il reclutamento è dichiarato non etico. Nonostante questo, l’India (e le Filippine) continuano a essere “treno da esportazione”, anche perché in tali paesi sono aumentate esponenzialmente le universitarie private (oltre il 90%) che formano solo per esportazione, in paesi decisamente più attrattivi per lingua, salari e possibilità di crescita (i.e. Irlanda, UK, USA).

Partendo da questi assunti, è il caso di ricordare la migrazione italiana. Da ben prima del COVID-19, l’Italia ha visto il paradosso della carenza infermieristica per mancate assunzioni dovute alla crisi economica. Come risultante oltre 50.000 infermieri hanno avuto esperienze all’estero e ad oggi, oltre 20.000 infermieri formati in Italia lavorano in altri Paesi. La Svizzera offre salari pari al triplo di quelli italiani, la Germania, il Regno Unito e altri Paesi continuano a reclutare italiani offrendo migliori condizioni complessive. E questi infermieri andrebbero recuperati per l’Italia.

Nel merito, si ritiene, che seppur possibile ricorrere al reclutamento internazionale, le lezioni apprese dalla pandemia dovrebbero essere valorizzate da questo Governo - con l’aumento della “produzione interna” di infermieri - come suggerito dall’OMS e dalle maggiori organizzazioni internazionali e come sottolineato nella recente carta di “Carta di Bucarest” pubblicata su QS firmata anche dall’Italia, e da diversi report e dalla “Carta del Cambiamento” ICN disponibili sul sito della CNAI.

Venendo al dunque, si propone al Governo (ai Ministeri di Salute e Università in particolare) e alle Regioni di mettere in atto un programma straordinario di “investimento” per la professione infermieristica, che fungerebbe moltiplicatore di efficacia per tutto il sistema sanitario e formativo. Di seguito, alcune proposte:

Incentivare e facilitare gli studenti infermieri con borse di studio, azzeramento delle tasse universitarie e con la previsione al terzo anno di specifici contratti di formazione, ben retribuiti, di transizione verso il lavoro;
Aumentare – fin da subito - considerevolmente i posti a bando per la formazione infermieristica (i.e., in linea con la Gran Bretagna), incentivando le strutture di formazione, con nuove intese tra Servizi sanitari regionali e Università, e con formazione da affidare integralmente a personale del profilo professionale, agendo in particolare sul personale dipendente dal SSN/SSR, liberando professionisti di altri SSD per essere meglio impiegati nelle loro aree.
Modificare il metodo di accesso alla formazione infermieristica, predisponendo una graduatoria a valenza nazionale che consenta una collocazione semplificata di studenti tra le diverse sedi e facilitando, percorsi “ponte” di riqualificazione di altri professionisti sanitari in infermieri o la ripresa degli studi per studenti “adulti”;
Sviluppare razionali e chiari percorsi formativi post-base che consentano di esercitare e riconoscere contrattualmente le competenze specialistiche (Master 1 Liv.) e le competenze avanzate (Laurea Magistrale) sviluppando in tal senso la funzione infermieristica autonoma e la capacità di prescrizione, rivedendo il ruolo delle università telematiche nell’erogazione di formazione sanitaria;
Attuare una razionalizzazione del numero e della formazione delle professioni sanitarie, in linea con i mutati scenari tecnologici, epidemiologici e demografici, trasformando taluni corsi in percorsi post-laurea infermieristici e/o in percorsi tecnici non universitari.
 

Non da ultimo, incrementare “sensibilmente” il salario medio degli infermieri a tutti i livelli e prevedere una semplificazione delle molteplici modalità contrattuali attualmente presenti tra comparti pubblico e privato.

Con dispiacere, invece, si nota che le proposte già in discussione appaiono reattive e poco programmate: alcune, come sempre, medico-centriche, altre volte a diluire le funzioni infermieristiche al personale di supporto, in controtendenza rispetto alla letteratura e alla sicurezza delle cure, altre - come questa - che vedono come panacea il reclutamento internazionale.

Il MUR ha recentemente annunciato di prevedere un “investimento” per aumentare numero di posti per il corso di “Medicina”, anche se secondo ANAOO e FNOMCEO “i medici oggi ci sono, ne abbiamo ogni 1.000 abitanti, un po' sopra la media (Europea).

Di infermieri, invece ne mancano ben oltre 100.000 rispetto alla media. Purtroppo, nessun impegno concreto è stato preso.

La direzione da percorrere va valutata anche dal punto di vista “etico”, delle esigenze dei cittadini e di “qualità” dei servizi sanitari. Non di meno, va tenuto in considerazione il debito di riconoscenza che tutti - debbono alle infermiere e agli infermieri che hanno dato la vita per salvare le vite.

Appare infine, in tutta la sua drammaticità, la distanza in essere rispetto a questi scenari di alcuni segmenti professionali, nel continuare a proporre il “prolungamento” disarticolato di percorsi formativi invece che l’ottimizzazione degli stessi o parlare di attrattività, avendo il timore però di alterare lo status quo con la pratica avanzata e la necessità di ridefinizione radicale dei “confini” esistenti - solo in Italia - tra medici e infermieri che permetterebbe di avere infermieri in grado di agire al massimo del loro potenziale.

Si invitano il Governo, le Regioni e tutti i decisori ad ascoltare il pensiero del mondo associativo scientifico, dell’OMS e delle organizzazioni infermieristiche internazionali, per garantire la salute dei nostri cittadini, il nostro vero imperativo, e, al contempo, non frenare lo sviluppo dell’assistenza infermieristica in Italia.

Walter De Caro

Presidente Nazionale CNAI
Executive Board EFNNMA




link https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=114394

antonio - 05/06/2023 17:01

05/06/2023 - 16:54 ”Il sindacato boccia l’ipotesi del Ministro per far fronte alla carenza di professionisti: “Oggi si parla di reclutamento di infermieri indiani: quello che il ministro non risolve è il gigantesco tema legato all'attrattività non solo della professione infermieristica ma di tutte le professioni sanitarie nel nostro Paese, e i motivi ben li conosciamo, a partire dalle basse retribuzioni e dai carichi di lavoro troppo elevati”.
05 GIU - “All'iperattività comunicativa del ministro della Salute purtroppo non corrisponde alcuna efficacia nei provvedimenti che il governo adotta. O meglio: che non adotta. Oggi si parla di reclutamento di infermieri indiani: quello che il ministro non risolve è il gigantesco tema legato all'attrattività non solo della professione infermieristica ma di tutte le professioni sanitarie nel nostro Paese, e i motivi ben li conosciamo, a partire dalle basse retribuzioni e dai carichi di lavoro troppo elevati. Circostanze arcinote che il ministro a parole dichiara di conoscere ma nei confronti delle quali non assume alcun atto concreto che possa dare un segnale nella direzione giusta”. Lo scrive in una nota Michele Vannini, segretario nazionale Fp Cgil (Area Sanità).

“Il ministro Schillaci, che peraltro non ha mai incontrato il sindacato sulla vertenza organico della sanità – scrive ancora Vannini - fa parte dello stesso governo che nella sua prima legge di Bilancio non ha messo un euro per il rinnovo dei contratti, anche dei dipendenti della sanità, contratti che sono scaduti nel 2021. Un governo che nel Def prevede la riduzione delle risorse per il Servizio Sanitario Nazionale a partire dal 2025 su livelli ante Covid, e quindi di gran lunga inferiori rispetto alla media europea. Sarebbe ora di smettere di fare proclami e di pensare alle cose concrete, a partire dal mettere in campo quel Piano straordinario di assunzioni che si può fare se il ministro si impegna a rimuovere i tetti assunzionali”.


“La Sanità è prossima al tracollo: per parte nostra c'è bisogno di una grande iniziativa che mobiliti la cittadinanza tutta sul grande tema del Servizio sanitario nazionale. Bisogna rispondere ai bisogni di salute di cittadine e cittadini”, conclude la nota.



https://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=114391

denis - 05/06/2023 16:55

L’infermiere indiano in Italia: «In UK guadagnano 500 sterline in 12 ore, io 1.600 al mese. Ma mia figlia sarà medico»

3 GIUGNO 2023 - open on linr

La reazione alla proposta del ministro Schillaci

Ieri il ministro della Salute Orazio Schillaci ha detto che l’India è tra i paesi che potrebbero fornire infermieri all’Italia in carenza di personale sanitario. «Una scuola infermieristica di alta qualità» quella del Paese più popoloso del mondo che ha già formato un professionista che in nel nostro Paese lavora da trent’anni. Antony Adassery, ha 55 anni, è arrivato in Italia quando aveva 23 anni, nel 1991. Ora vive a Savona e lavora a Millesimo, nella provincia ligure dov’è caposala in una residenza sanitaria. Il ministro si augura che Paesi stranieri possano «metterci a disposizione professionisti già ben formati, dal punto di vista sanitario e della conoscenza della nostra lingua», mentre imparare l’italiano è stato proprio uno degli aspetti più difficili da affrontare per Adassery. Ostacolo che l’infermiere è riuscito a superare, spianando la strada a sua figlia, futuro medico.



Le difficoltà
Per imparare l’italiano, «quando sono arrivato vivevo a Roma e mi sono iscritto a un corso dell’Università per stranieri di Perugia», racconta elencando le difficoltà. «Poi c’era il problema della comunicazione con i parenti rimasti a casa. A quei tempi era difficile avere contatti, non c’erano certo le videochiamate come oggi», spiega. Ciononostante, l’infermiere ha deciso di rimanere, lavorando in diverse strutture della penisola. Adassery è arrivato a Savona «attraverso alcune suore della Misericordia. Prima ho lavorato tre anni al San Raffaele di Milano. Guadagnavo di più ma non mi trovavo bene con la città». Come mai? «Troppo caotica. Si vive meglio qua in Liguria»



I vantaggi dell’Italia
Ma Adessery non ha studiato nella regione del Kerala, di dove è originario, bensì qui in Italia, dove è arrivato grazie «a un prete di Napoli». «Gli ho chiesto di aiutarmi a venire. Ho iniziato il corso nel 1991 e mi sono diplomato nel 1994». La differenza rispetto all’India, si è fatta subito vedere: «Qui un infermiere ha uno stipendio 10 volte più alto rispetto all’India. Certo, la vita è molto più cara ma si trova comunque il modo di risparmiare un po’. All’inizio mandavo i soldi a casa, ma ora i miei non ci sono più, quindi ho smesso», ricorda l’infermiere in un’intervista a la Repubblica a cura di Michele Bocci. Vantaggio economico che non ha lasciato indifferenti i conoscenti di Adassery, che ha aiutato ad arrivare in Italia: «Almeno una ventina, tra parenti e conoscenti che mi hanno contattato e chiesto aiuto».

Negli altri paesi pagano di più
«A Savona – continua – c’è una comunità di una settantina di infermieri, con le famiglie. Poi ci sono grandi gruppi di indiani che lavorano nella sanità a Milano, Roma e Genova». Riguardo la proposta di schillaci, Adassery dice la sua: «Se chiude l’accordo fa bene. Il punto è che vanno trovate le persone, perché adesso all’India arrivano richieste da tutto il mondo, anche da Paesi che pagano più dell’Italia». Anche perché «da quel punto di vista non ci sono problemi, chi studia da infermiere è già prontissimo a lavorare anche qua. La formazione è ottima, di alto livello». Mettendo insieme le due cose, Adassery ricorda che da tempo la sanità britannica fa affidamento sugli infermieri indiani. Un’opzione migliore di quella offerta dall’Italia: Pagano tantissimo. Sono stato di recente a Londra e un mio amico lavorando per le agenzie interinali prende anche 500 sterline per turni di 12 ore. Io sto sui 1.600 euro al mese». Chissà che non possa essere la strada di sua figlia, 20enne,

Dins - 05/06/2023 12:09

Si informi a Lucca prendono molti interinali poi li mandano a casa e non stabilizzato molti che sono precari rinnovando di mese in mese contratti brevi

Max - 05/06/2023 11:42

Lei dice una cosa vera. Infatti è vero che gli infermieri italiani che hanno scelto di lavorare in posti dove li pagano di più tornerebbero (e non tutti) solo se qui li pagassero altrettanto. Non sta invece in piedi il sostenere che ci sono turbe di infermieri disoccupati in fila per fare gli interinali. Se ci fossero, allora, a parità di stipendio, assumerebbero quelli e non gli indiani. Per altro è incostituzionale far partecipare ad un concorso un indiano e impedire la partecipazione ad un italiano. Se chiamano gli indiani ciò è perché, almeno con questi stipendi, gli italiani non li trovano.

anonimo - 05/06/2023 00:23

Grande verità

Grande - 04/06/2023 16:58

E diverrà di dominio pubblico il modo in cui OSS e Infermieri vengono trattati

Anonimo - 04/06/2023 15:00

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