Lo strano pacifismo di chi vuole continuare ad armare solo l’aggressore

In tante discussioni sulle armi si dimentica che l’esercito di Putin noi lo finanziamo ogni giorno, da anni, attraverso l’acquisto di gas e petrolio. La domanda giusta non è dunque se vogliamo continuare ad armare l’Ucraina. Ma se vogliamo continuare ad aiutare solo la Russia.

Dopo Giuseppe Conte e Matteo Salvini, ieri anche Pier Luigi Bersani ha dichiarato alle agenzie che Mario Draghi dovrebbe riferire in Parlamento sull’invio di armi all’Ucraina, vale a dire sulla questione già discussa e votata quasi all’unanimità all’inizio della guerra. Cosa c’è dunque di nuovo? Secondo Bersani «è ora di chiarire che aiutiamo l’Ucraina perché possa negoziare da Paese indipendente, e non per vedere sul campo vincitori e vinti».

A quanto pare, la lunga campagna di un pezzo della stampa e di gran parte dei talk show comincia a produrre i suoi effetti. Evidentemente, poco cambia il fatto che in questi stessi giorni si moltiplichino le testimonianze su cosa accade nei territori occupati dall’esercito russo – cioè dove l’esercito ucraino e le armi occidentali non sono riusciti a fermarne l’avanzata – da ultimo da parte del direttore della Caritas di Kiev, che ha parlato di cinquanta villaggi in Polyssia, ai confini con la Bielorussia, dove i civili «hanno vissuto orrori come a Bucha».


Mario Draghi dunque dovrebbe chiarire in Parlamento che manda le armi, ma non per vincere. Come quelle partite di calcetto tra amici in cui si dice: «Non ci facciamo male». Cari ucraini, vi mandiamo le armi, ma evitate i contrasti troppo duri, e niente interventi in scivolata. Se non fosse una tragedia, ci sarebbe da ridere.


In altre parole, dovremmo dire a mariti, padri, sorelle, madri, figli delle persone torturate e trucidate nelle città occupate che non devono esagerare; che possono usare le nostre armi, ma con misura. E soprattutto, intendiamoci, che a nessuno di loro saltasse in testa di vincere. Almeno un pezzo del loro paese – quanto vogliamo fare? – diciamo quattro o cinque città, una più una meno, ai russi devono lasciarle, non venisse loro in mente di andarle a liberare. È la linea efficacemente sintetizzata da Conte nello slogan: «Legittimità nel difendersi, non nel contrattaccare».


Dai cinquestelle alla Lega, è evidente il tentativo di strizzare l’occhio a quella parte di opinione pubblica contraria all’invio di armi, pur non avendo il coraggio di mettersi esplicitamente di traverso, almeno per ora. Di qui i giochi di parole sulla resistenza che non deve resistere troppo e le armi che non devono essere troppo letali (non è una battuta, «siamo contrari all’invio di armi sempre più letali» è affermazione pronunciata testualmente da Conte, più volte).


In tante discussioni sulle armi si dimentica però che l’esercito di Putin noi lo finanziamo ogni giorno, da anni, persino dopo l’annessione manu militari della Crimea, attraverso l’acquisto di gas e petrolio (e vedremo se e quando, con le sanzioni, smetteremo di farlo sul serio).


La domanda giusta non dovrebbe essere dunque se vogliamo o no continuare ad armare l’Ucraina, cioè l’aggredito. La domanda giusta è se vogliamo continuare ad armare esclusivamente l’aggressore.


Francesco Cundari - www.linkiesta.it

https://www.linkiesta.it/2022/05/russia-ucraina-pacifismo-resa/

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