CPR, tra regole e realtà
I Centri di Permanenza per il Rimpatrio dovrebbero essere strutture temporanee, non carceri. La legge prevede che vi siano trattenuti cittadini stranieri irregolari solo per il tempo necessario a identificarli e organizzare il rimpatrio. Sono garantiti, almeno sulla carta, assistenza sanitaria, condizioni dignitose, tutela legale e possibilità di contatti con l’esterno.
Nella pratica, però, i report raccontano una situazione diversa. Strutture fatiscenti, sovraffollamento, servizi sanitari minimi e scarse attività ricreative. Le condizioni igieniche risultano spesso precarie e non mancano denunce di maltrattamenti. La gestione privata dei centri, affidata tramite appalti, viene criticata per scarsa trasparenza e risparmi sui servizi.
A rendere ancora più evidente la contraddizione è l’efficacia: solo una parte ridotta dei trattenuti viene effettivamente rimpatriata. Molti restano mesi nei centri senza che la misura raggiunga lo scopo dichiarato.
In sintesi, i CPR dovrebbero essere luoghi di passaggio rispettosi della dignità, ma troppo spesso si trasformano in spazi di attesa indefinita, lontani dal modello previsto dalla legge.
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