Minorenni nei reparti psichiatrici per adulti: un’emergenza silenziosa

Negli ultimi anni sta crescendo un fenomeno inquietante e poco discusso: l’aumento dei ricoveri di minorenni nei reparti psichiatrici per adulti (SPDC). Una pratica estrema, nata dall’assenza di alternative reali, che espone ragazzi fragili a rischi psicologici, relazionali e persino fisici. In Italia, i posti letto nei reparti di Neuropsichiatria Infantile (NPIA) sono pochi e spesso riservati a casi gravissimi o a ricoveri brevi. La rete territoriale — fatta di centri diurni, comunità terapeutiche e residenze per adolescenti — è insufficiente o disomogenea tra le regioni. Così, quando un minore si trova in crisi acuta e necessita di un contenimento immediato, la soluzione diventa il ricovero in SPDC. Una soluzione d’emergenza che, però, non è pensata per loro. Lì, il giovane entra in un ambiente strutturato per adulti con disturbi psichiatrici spesso gravi: persone in stato di agitazione, pazienti psicotici, soggetti con comportamenti aggressivi o autolesivi. La promiscuità di tali contesti rappresenta un rischio evidente. Non solo per la sicurezza fisica, ma per l’impatto psicologico che può lasciare un segno duraturo. Un ragazzo di sedici anni, catapultato in un reparto dove regnano tensione, contenzione e sofferenza adulta, può sentirsi annientato nella sua identità e nel suo senso di sicurezza. A questo si aggiunge un altro problema: lo stile assistenziale. Il personale dei reparti adulti, pur esperto, non è formato per affrontare le dinamiche evolutive e relazionali tipiche dell’adolescenza. Manca una prospettiva educativa, manca il linguaggio adatto, manca l’attenzione allo sviluppo emotivo ancora in corso. Il rischio è che l’intervento diventi più custodialistico che terapeutico. Dietro a ogni minore ricoverato in SPDC c’è un fallimento di sistema: della prevenzione, della rete territoriale, del coordinamento tra psichiatria e neuropsichiatria infantile. Un fallimento che non riguarda solo la sanità, ma anche la scuola, le famiglie e la società, spesso incapaci di intercettare il disagio prima che diventi crisi. L’alternativa esiste e passa per un investimento concreto nella salute mentale giovanile: più posti letto dedicati, più equipe multidisciplinari, più strutture intermedie, e soprattutto una continuità reale tra l’età evolutiva e l’età adulta. Fino a quando ciò non accadrà, i reparti psichiatrici continueranno a ospitare adolescenti che non dovrebbero esserci. E ogni volta, sarà una sconfitta silenziosa, che lascia cicatrici dove avrebbe dovuto esserci cura. Nel frattempo, la realtà continua a peggiorare. Anche in Toscana, e in particolare nell’area di Lucca, il fenomeno è in crescita: sempre più adolescenti — spesso anche minori stranieri non accompagnati — vengono ricoverati nei reparti per adulti per mancanza di strutture adeguate. Un segnale d’allarme che non può più essere ignorato. Ogni ricovero di questo tipo racconta la stessa storia: quella di un sistema che si arrangia, invece di prendersi davvero cura.
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