Antisemitismo in Italia: l’odio cambia pelle ma non direzione

Negli ultimi anni, in Italia, l’antisemitismo ha smesso di essere un relitto del passato. È tornato a mostrarsi con disinvoltura, nei muri delle città, nei post sui social, perfino nei cortei. Non arriva più solo dalle frange neofasciste o nostalgiche del nazismo, ma anche da settori che si definiscono “antifascisti”, “antimperialisti” o “solidali”. Secondo i dati più recenti, gli episodi antisemiti sono in forte aumento. Scritte come “Ebrei fuck” o “Vittime ieri, carnefici oggi”, svastiche accostate alla stella di Davide, minacce e vandalismi contro case e negozi ebraici: tutto questo è tornato a essere cronaca. La miccia si accende quasi sempre dopo i conflitti in Medio Oriente, quando la rabbia politica si trasforma in odio etnico. Un tempo i simboli nazisti e le teorie del “complotto ebraico” erano marchio esclusivo dell’estrema destra. Oggi invece emergono anche nelle frange più radicali della sinistra e nei movimenti anarchici, spesso all’interno delle manifestazioni pro-Palestina. Lì, tra bandiere e cori, compaiono scritte e slogan che non colpiscono solo Israele ma “gli ebrei” in quanto tali. Non è tutto il mondo “pro-Pal” a condividere questa deriva, ma è evidente che una parte rumorosa si muove su un terreno di odio camuffato da solidarietà politica. Il meccanismo è semplice e pericoloso: si confonde la politica di uno Stato con l’identità di un popolo. Israele diventa sinonimo di “gli ebrei”, e il dissenso si trasforma in ostilità. Gli stessi stereotipi che un tempo appartenevano alla propaganda fascista — il “potere ebraico”, la “finanza giudaica”, la “stampa manipolata” — vengono oggi rilanciati con un linguaggio aggiornato e ideologicamente opposto. Sui social l’effetto è moltiplicato. Centinaia di profili, spesso anonimi, diffondono insulti e immagini violente, mentre il termine “sionista” viene usato come insulto generico. È una rete di risentimento dove si incontrano estremisti di destra, complottisti e attivisti radicali di sinistra: poli diversi, stesso linguaggio d’odio. La politica ufficiale condanna, ma spesso tace sulle sfumature. Denunciare solo l’antisemitismo “fascista” e ignorare quello “antimperialista” significa lasciare campo libero a un pregiudizio antico che oggi si traveste da coscienza civile. Molti dei nuovi antisemiti non si percepiscono tali. Si considerano “antirazzisti” o “difensori dei popoli oppressi”, ma usano un linguaggio che nega dignità e umanità al popolo ebraico. È il paradosso del presente: un odio che si crede giusto, un pregiudizio che si traveste da empatia. L’Italia non è un’eccezione, ma nemmeno immune. Finché l’odio potrà nascondersi dietro slogan di libertà, continuerà a risorgere. E la memoria — quella vera, non celebrativa — resterà l’unico antidoto che abbiamo. Pro Pace Toscana Centro
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