Pistoia, tragedia sulla strada del ritorno: la follia uccide e cancella la passione sportiva
Non dovrebbe mai succedere. Un pullman di tifosi del Pistoia Basket, di ritorno dalla trasferta a Rieti, è stato assalito nella notte lungo la superstrada Rieti-Terni. Una pietra, lanciata con violenza contro il parabrezza, ha colpito in pieno volto l’autista, Raffaele Marianella, 65 anni. È morto sul colpo.
Un uomo al lavoro, un tifoso tra tifosi, vittima di un gesto assurdo. Le autorità parlano di omicidio volontario, perché tutto lascia pensare a un’imboscata: qualcuno ha aspettato il pullman, pronto a colpire. Non uno “scontro” tra tifoserie, ma un atto deliberato di violenza pura.
La premier Meloni ha definito l’accaduto “folle e inaccettabile”. E lo è davvero. In un Paese che si riempie la bocca di parole come “valori dello sport”, basta un pugno di irresponsabili per trasformare una serata di pallacanestro in un lutto nazionale.
Questa non è rivalità sportiva, non è tifo: è barbarie. E come tale va chiamata, senza attenuanti.
Perché se diventa normale rischiare la vita per una maglia o per un colore, allora qualcosa, nella nostra idea di comunità, si è rotto da tempo.
Pistoia oggi piange un suo figlio, e con lui tutto il basket italiano dovrebbe fermarsi un momento — in silenzio, senza slogan — a chiedersi come siamo arrivati fin qui.
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