Assalto al pullman del Pistoia: l'ombra nera degli ultras neofascisti anche nel basket

Assalto al pullman del Pistoia: l'ombra nera degli ultras neofascisti anche nel basket Dopo il drammatico assalto costato la vita a Raffaele Marianella, emergono legami tra gli ultras della Sebastiani Rieti e ambienti dell'estrema destra. Il contagio neofascista non riguarda più solo il calcio: anche nei palazzetti del basket si diffonde la cultura dell'odio. Non è più solo una questione di stadi. Il fascismo da curva, quello che inneggia a Mussolini e canta canzoni del Ventennio, si è ormai spinto oltre il calcio, infiltrandosi anche nei palazzetti del basket. L'ennesima conferma arriva da Rieti, dove, secondo quanto si apprende, tre ultras della Sebastiani — Manuel Fortuna, Kevin Pellecchia e Alessandro Barberini — sarebbero stati fermati con l'accusa di omicidio volontario in concorso per l'assalto al pullman dei tifosi del Pistoia Basket. Nell'aggressione ha perso la vita Raffaele Marianella, 65 anni, autista della squadra toscana, colpito da un sasso che lo ha ucciso sul colpo. L'inchiesta della procura di Rieti parlerebbe chiaro: almeno due dei fermati avevano legami con movimenti di estrema destra e sulle loro pagine social si trovano immagini di Mussolini, simbologie fasciste e riferimenti alla galassia neofascista. Dai post che rilanciano gli eventi di CasaPound ai video che celebrano Ettore Muti, uno dei gerarchi più sanguinari del Ventennio, il profilo di questi tifosi racconta molto più di una semplice passione sportiva. La violenza non è di certo nuova nel mondo ultras, ma l'elemento politico-ideologico che ritorna in modo sistematico negli ultimi anni dovrebbe far riflettere. Non è un caso isolato. Ne abbiamo scritto più volte su Il Catenaccio: prima dello striscione e della canzone fascista comparsi in Curva Sud durante Roma-Monza, poi del "fine settimana fascista" degli ultras di Roma e Lazio e delle alleanze tra ultras neo fascisti in arrivo per il derby della Capitale. Segnali che, messi insieme, delineano un filo nero che attraversa lo sport italiano, dai gradoni dell'Olimpico ai seggiolini dei palazzetti di provincia. Dietro i cori, gli striscioni e i saluti romani, si nasconde una rete ideologica che strumentalizza il tifo per diffondere odio, razzismo e nostalgia per il Ventennio. La "Curva Terminillo" di Rieti, di cui i tre fermati facevano parte, era già nota alle forze dell'ordine per altri episodi di tensione. Ora emergono anche chat in cui si parlava di una "missione punitiva", pianificata prima della partita contro Pistoia. È così che il tifo organizzato diventa laboratorio di estremismo. Il basket, da sempre percepito come sport "pulito", non è più immune. Le curve si trasformano in spazi di reclutamento e propaganda per un nuovo fascismo che indossa sciarpe, canta cori e si muove in branco. Questa volta, però, la violenza ha oltrepassato ogni limite, spegnendo la vita di un uomo che stava solo facendo il suo lavoro. La morte di Raffaele Marianella non è una tragica fatalità: è il risultato di un clima d'odio che cresce, alimentato da simboli, miti e nostalgie che lo sport non può più permettersi di ignorare. E nemmeno la politica. IL CATENACCIO WEB
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