Il movimento sostiene lo sciopero generale e partecipa al corteo di venerdì con concentramento alle 9.30 in piazza del Giglio
La
legge di Bilancio presentata dal governo Meloni risponde alla logica
del riarmo ed alla scelta di incanalare il nostro Paese verso una
economia di guerra. Mentre i salari e le pensioni continuano a perdere
potere d’acquisto, le disuguaglianze sociali aumentano, si allarga il
mondo della precarietà e del lavoro sottopagato e sono sempre di più le
persone che non possono curarsi o che non vedono soddisfatto il diritto
alla casa, il governo aumenta in modo clamoroso la spesa per l’acquisto e
la produzione di nuovi armamenti, individuando nel settore bellico
l’unica soluzione alla crisi economica.
Con
la stessa ipocrisia con cui si nascondono il genocidio in Palestina e
la complicità del governo con lo Stato terrorista di Israele si finge di
voler affrontare le grandi questioni sociali del Paese. Con i numeri
sull’occupazione si continua a voler coprire l’aumento della povertà e
dei lavori con salari da fame, con le modifiche dell’IRPEF si finge di
voler sostenere i ceti medi quando si stanno soltanto favorendo i
settori più ricchi, con i contributi volontari delle banche si lasciano
nelle mani del sistema finanziario più di 100 miliardi di extraprofitti
sottratti al nostro paese negli ultimi tre anni.
Il
governo Meloni, di fronte ad un processo di grave
deindustrializzazione, riesce solo a proporre la conversione di alcune
aziende alla fabbricazione delle armi. L’industria bellica e i suoi
collegati vengono utilizzati per uscire dalla crisi in cui versa il
capitalismo.
Le
mobilitazioni promosse a sostegno del popolo e della resistenza
palestinese hanno portato alla luce l'opposizione di massa in tutta la
penisola alla complicità con il genocidio e con le scelte del governo
Meloni che ci portano verso un futuro da incubo. Difendere la Palestina
oggi significa rompere il patto tra sionismo, capitalismo e destre
estreme e aprire una possibilità di liberazione per le lavoratrici, i
lavoratori e tutti i popoli del mondo.
La
tregua di Trump non riconosce nessun diritto al popolo palestinese e
sta consentendo a Israele di proseguire e ampliare l’occupazione di
territori palestinesi. E l’Italia parla di pace dopo aver fornito armi,
dopo aver sostenuto direttamente il genocidio.
Anche
altri paesi come il Congo e il Sudan stanno vivendo momenti drammatici,
e diventa fondamentale unire le lotte e costruire una reale
intersezionalità tra tutti i popoli oppressi, mentre aumentano i
pericoli di un’aggressione al Venezuela.
Per
questo è necessario ribellarsi, mettendo al centro delle mobilitazioni
obiettivi chiari che corrispondano senza ambiguità alle necessità di
milioni di lavoratori e lavoratrici e alle aspirazioni di pace, disarmo,
uguaglianza e giustizia sociale che appartengono a tanta parte del
Paese.
Il 28 novembre
incrociamo le braccia e fermiamo di nuovo tutto con lo sciopero generale
e il 29 novembre partecipiamo anche da Lucca alla manifestazione
nazionale a Roma.
Per
dire No alla finanziaria di guerra, e chiedere le dimissioni del governo
Meloni complice del genocidio in Palestina. Per rompere ogni rapporto
diplomatico, economico, accademico, militare con Israele. Per dire No al
riarmo Nato e al riarmo europeo: le spese per sanità e istruzione fuori
dai vincoli di bilancio. Per l’uscita dell’Italia dalla Nato e contro
l’aggressione imperialista al Venezuela. Per la fine del genocidio in
Sudan e dei massacri in Congo.
Contro la riforma
Valditara e il ddl Gasparri. Per dire No al decreto sicurezza e alla
repressione delle lotte sociali. Per chiedere la liberazione di tutti i
detenuti e le detenute palestinesi in Italia, a cominciare da Marwan
Barguthi, Ahmad Sa’adat e Anan Yaesh. Per un salario minimo mensile di
2000 euro: giù le armi, su i salari!
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