La grave carenza infermieristica italiana non si risolve reclutando Infermieri dall’India

La grave carenza infermieristica italiana non si risolve reclutando Infermieri dall’India Nel leggere l’intervista al Ministro della Salute, ripresa da su QS, sono rimasto molto colpito dalla soluzione proposta per la carenza infermieristica. Dice il Ministro: “Per questo stiamo pensando ad accordi con Paesi extraeuropei, che potrebbero metterci a disposizione professionisti già ben formati, dal punto di vista sanitario e della conoscenza della nostra lingua. Penso ad esempio all'India. Ha già chiuso protocolli con il Giappone e gli Usa. Hanno una scuola infermieristica di alta qualità e ovviamente tantissimi abitanti”. Tale soluzione non sembra in linea, se non come soluzione marginale e tampone, con quanto di strutturale andrebbe fatto per l’aumento degli studenti e dell’attrattività dell’infermieristica. Circa il reclutamento internazionale si pone anche una componente “etica” da ben valutare. L’India ha una carenza di oltre 1 milione di infermieri (solo 2.4 per 10.000 ab, in Italia circa 6.0) ed è poco sopra i valori soglia dei paesi dell’OMS, in cui il reclutamento è dichiarato non etico. Nonostante questo, l’India (e le Filippine) continuano a essere “treno da esportazione”, anche perché in tali paesi sono aumentate esponenzialmente le universitarie private (oltre il 90%) che formano solo per esportazione, in paesi decisamente più attrattivi per lingua, salari e possibilità di crescita (i.e. Irlanda, UK, USA). Partendo da questi assunti, è il caso di ricordare la migrazione italiana. Da ben prima del COVID-19, l’Italia ha visto il paradosso della carenza infermieristica per mancate assunzioni dovute alla crisi economica. Come risultante oltre 50.000 infermieri hanno avuto esperienze all’estero e ad oggi, oltre 20.000 infermieri formati in Italia lavorano in altri Paesi. La Svizzera offre salari pari al triplo di quelli italiani, la Germania, il Regno Unito e altri Paesi continuano a reclutare italiani offrendo migliori condizioni complessive. E questi infermieri andrebbero recuperati per l’Italia. Nel merito, si ritiene, che seppur possibile ricorrere al reclutamento internazionale, le lezioni apprese dalla pandemia dovrebbero essere valorizzate da questo Governo - con l’aumento della “produzione interna” di infermieri - come suggerito dall’OMS e dalle maggiori organizzazioni internazionali e come sottolineato nella recente carta di “Carta di Bucarest” pubblicata su QS firmata anche dall’Italia, e da diversi report e dalla “Carta del Cambiamento” ICN disponibili sul sito della CNAI. Venendo al dunque, si propone al Governo (ai Ministeri di Salute e Università in particolare) e alle Regioni di mettere in atto un programma straordinario di “investimento” per la professione infermieristica, che fungerebbe moltiplicatore di efficacia per tutto il sistema sanitario e formativo. Di seguito, alcune proposte: Incentivare e facilitare gli studenti infermieri con borse di studio, azzeramento delle tasse universitarie e con la previsione al terzo anno di specifici contratti di formazione, ben retribuiti, di transizione verso il lavoro; Aumentare – fin da subito - considerevolmente i posti a bando per la formazione infermieristica (i.e., in linea con la Gran Bretagna), incentivando le strutture di formazione, con nuove intese tra Servizi sanitari regionali e Università, e con formazione da affidare integralmente a personale del profilo professionale, agendo in particolare sul personale dipendente dal SSN/SSR, liberando professionisti di altri SSD per essere meglio impiegati nelle loro aree. Modificare il metodo di accesso alla formazione infermieristica, predisponendo una graduatoria a valenza nazionale che consenta una collocazione semplificata di studenti tra le diverse sedi e facilitando, percorsi “ponte” di riqualificazione di altri professionisti sanitari in infermieri o la ripresa degli studi per studenti “adulti”; Sviluppare razionali e chiari percorsi formativi post-base che consentano di esercitare e riconoscere contrattualmente le competenze specialistiche (Master 1 Liv.) e le competenze avanzate (Laurea Magistrale) sviluppando in tal senso la funzione infermieristica autonoma e la capacità di prescrizione, rivedendo il ruolo delle università telematiche nell’erogazione di formazione sanitaria; Attuare una razionalizzazione del numero e della formazione delle professioni sanitarie, in linea con i mutati scenari tecnologici, epidemiologici e demografici, trasformando taluni corsi in percorsi post-laurea infermieristici e/o in percorsi tecnici non universitari.   Non da ultimo, incrementare “sensibilmente” il salario medio degli infermieri a tutti i livelli e prevedere una semplificazione delle molteplici modalità contrattuali attualmente presenti tra comparti pubblico e privato. Con dispiacere, invece, si nota che le proposte già in discussione appaiono reattive e poco programmate: alcune, come sempre, medico-centriche, altre volte a diluire le funzioni infermieristiche al personale di supporto, in controtendenza rispetto alla letteratura e alla sicurezza delle cure, altre - come questa - che vedono come panacea il reclutamento internazionale. Il MUR ha recentemente annunciato di prevedere un “investimento” per aumentare numero di posti per il corso di “Medicina”, anche se secondo ANAOO e FNOMCEO “i medici oggi ci sono, ne abbiamo ogni 1.000 abitanti, un po' sopra la media (Europea). Di infermieri, invece ne mancano ben oltre 100.000 rispetto alla media. Purtroppo, nessun impegno concreto è stato preso. La direzione da percorrere va valutata anche dal punto di vista “etico”, delle esigenze dei cittadini e di “qualità” dei servizi sanitari. Non di meno, va tenuto in considerazione il debito di riconoscenza che tutti - debbono alle infermiere e agli infermieri che hanno dato la vita per salvare le vite. Appare infine, in tutta la sua drammaticità, la distanza in essere rispetto a questi scenari di alcuni segmenti professionali, nel continuare a proporre il “prolungamento” disarticolato di percorsi formativi invece che l’ottimizzazione degli stessi o parlare di attrattività, avendo il timore però di alterare lo status quo con la pratica avanzata e la necessità di ridefinizione radicale dei “confini” esistenti - solo in Italia - tra medici e infermieri che permetterebbe di avere infermieri in grado di agire al massimo del loro potenziale. Si invitano il Governo, le Regioni e tutti i decisori ad ascoltare il pensiero del mondo associativo scientifico, dell’OMS e delle organizzazioni infermieristiche internazionali, per garantire la salute dei nostri cittadini, il nostro vero imperativo, e, al contempo, non frenare lo sviluppo dell’assistenza infermieristica in Italia. Walter De Caro Presidente Nazionale CNAI Executive Board EFNNMA link https://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=114394
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