Ditemi il senso!!
Al di là delle esigenze d ...
Firenze, 30 aprile 2025 - “Certo che serve il lavoro. Ma basta con la logica del lavoro a qualunque costo. Servono occupazioni sicure, giustamente retribuite e dignitose,
che non espongano le persone a rischi evitabili, che non le costringano
a scegliere tra salario e salute, tra contratto e possibilità di vivere
appieno anche la vita familiare”.
A dirlo è Elena Pampana, presidente delle Acli Toscana, in vista del Primo Maggio.
“L’incidente
mortale accaduto pochi giorni fa nelle cave di Carrara è un dolore
enorme, ma anche un segnale gravissimo. È la conferma che la cultura
della sicurezza non è ancora patrimonio comune. Bisogna investire nei
controlli - continua Pampana - ma serve anche una svolta culturale. A
partire dalla scuola, dobbiamo insegnare il valore della sicurezza,
della salute, del rispetto dei diritti”.
“La
nostra idea di lavoro - spiega la presidente di Acli Toscana - mette al
centro la persona. Ogni occupazione deve essere dignitosa, equa nella
retribuzione, sostenibile nella vita di tutti i giorni. Non è più
accettabile che a pagare il prezzo della flessibilità e della precarietà
siano sempre i più giovani e le donne”.
In questa cornice si colloca anche la partecipazione di Acli Toscana alla campagna nazionale “Pace, Lavoro e Dignità”, promossa dalle Acli in tutta Italia,
che mette insieme le tante voci dei territori per rilanciare il lavoro
come bene comune, come spazio di giustizia, inclusione e crescita.
“Contribuiremo
alla campagna di Acli con un incontro e con una serie di iniziative
social dedicate al tema dei referendum sul lavoro - dice Pampana -. E
insieme ai Giovani delle Acli porteremo avanti in Toscana la campagna
nazionale ‘Poi vediamo’, che denuncia la realtà del lavoro nero tra i
ragazzi e promuove consapevolezza e diritti”.
“Il
Primo Maggio non è una celebrazione rituale - conclude la presidente di
Acli Toscana - ma un’assunzione di responsabilità che va rinnovata ogni
giorno. Significa ricordare che senza lavoro sicuro e dignitoso non ci
può essere una società giusta”.
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