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  • 09/12/2025 12:54

La pace sabotata: Zelensky, la NATO e l’Europa che gioca col fuoco

di Luigi Cortese A un certo punto bisogna dirlo senza troppi giri di parole: la guerra in Ucraina è ormai un’ombra che si trascina, un sogno infranto che nessuno ha il coraggio di guardare in faccia. Le città cadono, i soldati crollano, i fronti arretrano. Eppure Zelensky continua il suo pellegrinaggio europeo, bussando a porte che non hanno più nulla da offrire se non applausi stanchi e promesse di facciata. A Parigi chiede sostegno come un uomo che sente il terreno franargli sotto i piedi. Gli scandali lo inseguono, l’esercito arranca, la gente è stremata. Ma l’Europa fa finta di niente. Macron sorride, annuisce, ripete frasi già sentite. E mentre i due parlano di “pace dignitosa”, a est si combatte casa per casa. La realtà non aspetta i comunicati stampa. Poi arriva la NATO, che dovrebbe essere il pompiere della situazione, e invece si comporta come un piromane distratto. Cavo Dragone, con una leggerezza che mette i brividi, tira fuori l’ipotesi di un cyber-attacco preventivo alla Russia. Preventivo. È come giocare a lanciare sassi contro un alveare e sperare che le api non si accorgano di nulla. La verità è più semplice di quanto sembri: Europa e NATO si sentono tagliate fuori dal vero negoziato, quello che passa da Washington e Mosca. E quando non sei tu a decidere il finale di una storia, a volte provi a far saltare il libro in aria. Così arrivano dichiarazioni fuori luogo, allusioni bellicose, minacce mascherate da “difesa comune”. Tutto pur di evitare l’ammissione che brucia di più: l’Occidente ha puntato tutto su un cavallo che oggi è allo stremo. E invece di fermarsi, di prendere un respiro, di dire “basta”, continua a tirare la corda. È qui che il quadro diventa umano. Non geopolitico, umano. Perché mentre i leader giocano a fare gli strateghi, a morire sono i ragazzi al fronte, le famiglie sotto le bombe, la gente che non sa più cosa sarà della propria terra. E l’Europa, che dovrebbe essere la voce del buonsenso, si ritrova a fare la cheerleader di una guerra che non può vincere. In fondo, l’unica via d’uscita è quella che nessuno vuole pronunciare: sedersi, parlare, trattare. Una pace imperfetta, sporca, faticosa. Ma pace. E invece si continua a fare il tifo per una battaglia già persa, come se bastasse crederci forte per cambiare il corso della storia. Intanto la miccia brucia. E l’Europa, distratta e orgogliosa, rischia di trovarsi il fuoco in casa senza nemmeno capire come sia iniziato.

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