• 0 commenti
  • 06/05/2023 14:56

Vizio di mente, fra psichiatria e codice penale

Vizio di mente, fra psichiatria e codice penale di Cristina Da Rold Il compito di elicato delle perizie psichiatriche nei tribunali si scontra con alcuni limiti di un codice penale fermo a cent'anni fa per quanto riguarda il vizio di mente, nel frattempo la comprensione della psiche umana è avanzata SOCIETÀ DISTURBI MENTALI PSICOLOGIA NEUROSCIENZE Una donna, dopo aver compiuto un duplice omicidio in famiglia, si è costituita. È stata condannata ma prosciolta in primo grado a seguito di una diagnosi di schizofrenia, che tuttavia non è stata confermata in secondo grado. Attualmente la donna sta attendendo in carcere il risultato di una terza perizia, richiesta in Corte d’appello. A lavorare a questa terza delicata perizia è Enrico Zanalda, psichiatra e presidente della Società italiana di psichiatria forense. “Una situazione come questa è al limite, perché per certi versi si può diagnosticare nella donna la presenza di tratti schizofrenici nel momento in cui è stato commesso il reato, per altri no.” A seconda di come andrà la perizia, il destino dell’omicida sarà molto diverso: se si decide per il vizio di mente, la donna verrà prosciolta e verrà presa in carico dai servizi territoriali o dalle Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), a seconda del caso; senza vizio di mente sconterà invece la sua pena in carcere. Chiediamo a Zanalda di spiegarci come funziona una perizia psichiatrica, ossia come si fa a decidere quando una malattia mentale è vizio di mente oppure no. Non basta che sussista un disturbo: questo deve essere connesso al reato. “Deve esserci un chiaro nesso di causa fra la psicopatologia del paziente e il crimine commesso: questa è la difficoltà.” Come funziona una perizia psichiatrica I quesiti che interessano al giudice per decidere se prosciogliere il colpevole oppure no sono quattro: se la persona era capace intendere e volere quando è stato commesso il fatto, se è in grado di stare in giudizio, se ci sono gli estremi per il vizio di mente, e quale sia il percorso di cura più adatto per contenere la sua pericolosità sociale. Il compito dello psichiatra nominato dal magistrato è anzitutto studiare gli incartamenti, analizzare la storia della persona, e incontrarla tre o quattro volte, eventualmente somministrando test psicodiagnostici. Il tutto in circa due mesi, talvolta tre se il perito chiede una proroga. Nel primo grado solitamente la perizia psichiatrica viene richiesta se la persona che ha commesso il reato arriva già segnalata dai servizi o se il pubblico ministero (PM) ha dei dubbi. Il PM nomina un perito psichiatra, a sua scelta, oppure segnala il paziente al Giudice per le indagini preliminari (GIP) affinché decreti un incidente probatorio, cioè la possibilità di anticipare l'acquisizione e la formazione di una prova. Se il processo avviene con rito abbreviato, il risultato della perizia richiesta dal GIP può essere già quello definitivo, mentre se si prosegue in dibattimento, il giudice può chiedere una seconda perizia. Nel complesso un imputato può riceverne al massimo tre: una durante le indagini preliminari, una durante il dibattimento e una terza eventualmente in appello, che diventa collegiale, trattandosi dell’ultimo grado di giudizio. Non conta il disturbo, conta il nesso con il reato Nei pazienti che ne ricevono più di una, la diagnosi di solito risulta condivisa, mentre la correlazione fra disturbo e reato non sempre: uno psichiatra può leggervi più o meno chiaramente un nesso, mentre un altro specialista no. L’aspetto delicato è capire se il reato che la persona ha compiuto era in quel momento connesso al suo disturbo. “Può esserci lo schizofrenico ben compensato che compie un furto di gioielli, che non è però in relazione alla patologia, e quindi sarà reputato in perizia come pienamente responsabile del proprio gesto. Un caso ben diverso è quello di un paziente schizofrenico che nei suoi deliri pensa che gli alieni stiano arrivando sulla Terra e decide di rubare del denaro per assicurarsi un futuro in caso di bisogno. In quest’ultimo caso il reato è connesso al disturbo”, spiega Zanalda. Dal 2005 una sentenza della Corte costituzionale ha incluso fra i disturbi papabili di vizio di mente anche i disturbi di personalità e le nevrosi, purché di intensità importante e tali da far scemare la capacità di intendere e di volere. Fino ad allora il vizio di mente era applicato solo nei casi di psicosi grave. Questo perché nei primi anni duemila si era osservato che un paziente su cinque preso in carico dai Dipartimenti di salute mentale aveva un disturbo della personalità. Da allora questo problema ha assunto dignità di malattia purché sia assodato il nesso con l’incapacità di intendere e di volere. È una questione di demarcazione diagnostica fra nevrosi e psicosi. La nevrosi è un rapporto distorto con la realtà da dimostrare, nella psicosi invece questa distorsione è assodata. Anche la diagnosi, tuttavia, può non essere sempre così condivisa. La psichiatria si arricchisce anno dopo anno di nuovi risultati provenienti dalla letteratura medica. “Tempo fa mi ero occupato del caso di una signora che aveva ucciso i genitori, ma che era stata giudicata sana di mente, perché dalle perizie non è emersa una netta connessione fra il reato e la sua salute mentale, anche se potevano esserci dei dubbi e chissà un altro psichiatra come avrebbe lavorato.” Oggi questa donna sconta l’ergastolo. Le psicosi, la schizofrenia – che è caratterizzata da psicosi ma anche da allucinazioni e deliri, cioè la convinzione assoluta di qualcosa di non reale o falso – sono relativamente “semplici” da diagnosticare per un esperto. Vi sono casi più liminali, come per esempio l’aggressività che sfocia in un reato in una persona che fino a quel momento non ha avuto una diagnosi. “In quel caso dipende molto dal reato”, racconta Zanalda. “Se è molto grave, si valuta con più calma che cosa può esserci sotto. In ogni modo, sebbene vi siano casi difficili come questi, nella maggior parte dei casi un reato non viene commesso dal nulla da una persona con malattia mentale.” L’esordio della malattia – ci racconta Zanalda – non avviene quasi mai con il crimine. Spesso chi commette un reato e a una prima perizia risulta portatore di vizio di mente ha una storia alle spalle. La ricerca procede, mentre il codice penale è fermo agli anni trenta del secolo scorso. “Non è stato attualizzato alla moderna cura delle persone con malattia mentale, è ancora pieno di riferimenti ai manicomi che oggi sono considerati superati poiché dannosi anche per i pazienti autori di reato.” Gli psichiatri forensi sono pochi. Soprattutto i giovani Oggi in Italia si contano un migliaio di psichiatri forensi. Pochi, se pensiamo che gli psichiatri sono 12.000 circa. In realtà il numero preciso non è noto, perché non esiste un registro unico dei consulenti tecnici nei tribunali italiani, ma ogni tribunale ha il suo. Il problema della carenza di psichiatri che si mettono a disposizione per questo tipo di attività è presto detto: il lavoro prevede una grande impegno per inquadrare una persona in due-tre mesi al massimo, e un’enorme responsabilità, trattandosi di decidere del futuro di una persona e indirettamente anche di molte altre a lei legate, per non parlare delle eventuali vittime, e al tempo stesso le retribuzioni sono bassissime, ferme a vent’anni fa. A un giovane che comincia, anche se formato adeguatamente e aggiornato, “conviene” molto di più continuare a esercitare la professione nel proprio studio. Una salute mentale a gettoni Cristina Da Rold I periti, poi, devono avere la capacità di confrontarsi con le parti del procedimento e sostenere le loro convinzioni cliniche nel contraddittorio con i consulenti delle parti. Ci sono situazioni in cui si assiste a confronti anche aspri a cui molti colleghi non amano partecipare. La recente riforma Cartabia ha introdotto tempistiche procedurali telematiche, più stringenti, e soprattutto la possibile valutazione sulla capacità della vittima di formulare la querela qualora questa non debba più essere formulata d’ufficio. “Da un punto di vista retributivo – continua Zanalda – la situazione nell’ambito civile è migliore poiché il compenso è affidato alle parti e non segue le lungaggini burocratiche dei tribunali." Tuttavia, i tempi richiesti per espletare un incarico in ambito civile sono più lunghi e articolati. Sono quasi sempre presenti le controparti e i contraddittori sono sicuramente più animati. Lo psichiatra in ambito civile viene chiamato per valutare la capacità di agire di un soggetto in relazione ai provvedimenti di tutela o a eventuali negozi, contratti o testamenti, argomenti molto complessi e controversi. O sei malato o non lo sei In Italia inoltre abbiamo infine una peculiarità tutta nostra: una persona giudicata colpevole può essere considerata psichiatricamente “completamente malata” (art. 88 del Codice penale – vizio totale di mente) che prevede il proscioglimento, oppure “parzialmente malata” (art. 89 del Codice penale – vizio parziale di mente), e in questo caso si applica uno sconto di pena pari a un terzo della stessa, da scontare in carcere. Alla fine si valuta se persiste la pericolosità sociale della persona e se inviarla nelle REMS, oppure nei casi meno gravi in strutture territoriali, insieme cioè a persone che non hanno commesso reati. “È qualcosa che stiamo cercando di far superare in Italia, perché la logica dell’articolo 89 cozza con quella del medico: per me o sei malato o non lo sei. Forse sarebbe più opportuno introdurre delle attenuanti per tutti i casi di sofferenza psichica, in modo meno netto.” Bisognerebbe modificare il codice penale ma, conclude Zanalda, “nonostante vi siano state varie proposte nel corso delle scorse legislature, non si è ottenuto nulla di concreto perché farlo significherebbe mettere mano a principi di legge molto fondativi.” Nota LE SCIENZE. IT

Gli altri post della sezione

Geal SpA comunica

Geal SpA comunica che a ...