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  • 14/11/2022 21:13

Decreto fascista contro i rave party e la libertà di manifestazione

Primo provvedimento del governo Meloni Decreto fascista contro i rave party e la libertà di manifestazione Nessuna misura contro i neofascisti che hanno ricordato a Predappio il centenario della marcia su Roma È già stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale, ed è quindi entrato in vigore, il decreto legge n. 162 del 31 ottobre 2022, il primo testo normativo avente valore legislativo emanato dal governo Meloni, che dovrà essere convertito in legge dal parlamento entro 60 giorni dalla sua pubblicazione sulla gazzetta ufficiale, avvenuta lo stesso 31 ottobre scorso. Un decreto fascista contro i rave party e la libertà di manifestazione. Il provvedimento legislativo consta di 9 articoli che disciplinano varie fattispecie, ma è l'articolo 5, dedicato testualmente alle “Norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali ”, che ha suscitato l'indignazione di tutte le forze democratiche perché col pretesto di vietare rave party come quello che nelle stesse ore era in corso nel modenese e peraltro terminava in modo del tutto tranquillo, cancella la stessa libertà di manifestazione. Esaminiamo dettagliatamente l'articolo 5 del decreto legge, il quale è a sua volta suddiviso in tre commi, dei quali il più importante, per le sue implicazioni antidemocratiche e fasciste, è certamente il primo. Dispone il primo comma: “Dopo l'articolo 434 del codice penale è inserito il seguente: 'Art. 434-bis (Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica). - L'invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell'invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica. Chiunque organizza o promuove l'invasione di cui al primo comma è punito con la pena della reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000. Per il solo fatto di partecipare all'invasione la pena è diminuita. È sempre ordinata la confisca ai sensi dell'articolo 240, secondo comma, del codice penale, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma nonché di quelle utilizzate nei medesimi casi per realizzare le finalità dell'occupazione' ”. Il nuovo reato introdotto dal decreto legge trova, dunque, la sua collocazione normativa nell'articolo 434 bis del codice penale. La prima cosa evidente è che già esisteva nel codice penale l'articolo 633 intitolato “Invasione di terreni o edifici ” di cui si riporta il testo integrale: “Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da 103 euro a 1.032 euro. Si applica la pena della reclusione da due a quattro anni e della multa da euro 206 a euro 2.064 e si procede d'ufficio se il fatto è commesso da più di cinque persone o se il fatto è commesso da persona palesemente armata. Se il fatto è commesso da due o più persone, la pena per i promotori o gli organizzatori è aumentata”. Lo scopo del governo Meloni, quindi, non è certo quello di reprimere il fenomeno delle occupazioni abusive di terreni o edifici, perché già esisteva nel codice penale una norma che puniva tali fenomeni, per cui il vero obiettivo è di impedire, con pene assai più severe rispetto alle semplici occupazioni, quelli che il primo comma dell'articolo 5 del decreto legge definisce “raduni pericolosi per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica ”, colpendo tali raduni con pene di gran lunga più severe rispetto alle semplici occupazioni di immobili. Il secondo e il terzo comma dell'articolo 5 del decreto legge n. 162 del 31 ottobre 2022 riguardano rispettivamente, per ciò che riguarda i raduni pericolosi così descritti, l'aggravante per finalità mafiose e l'immediata entrata in vigore delle norme. Il governo neofascista capeggiato dalla Meloni ha preso il pretesto da un rave, svoltosi peraltro e conclusosi in forma assolutamente pacifica, per introdurre norme liberticide e soprattutto suscettibili di arbitrarie interpretazioni - soprattutto per ciò che riguarda la pericolosità contro l'ordine pubblico, un concetto sul quale le forze di polizia e i magistrati forcaioli hanno sempre ampiamente sguazzato – che potranno in qualsiasi momento essere applicate a qualsiasi manifestazione, a qualsiasi corteo, a qualsiasi raduno antigovernativo e a ogni iniziativa, come occupazioni di stabili e scioperi spontanei giudicati, arbitrariamente, contrari all'ordine pubblico. Norme liberticide come questa apparentemente si dirigono per reprimere un fenomeno come quello dei rave mentre in realtà hanno tutt'altro obiettivo: e non è certo la prima volta negli ultimi anni che si introducono di soppiatto norme simili, come è accaduto con quelle di pubblica sicurezza. Tali norme, tra le quali il Daspo, dovrebbero impedire scontri violenti negli stadi, ma i tifosi continuano a spadroneggiare dentro tali luoghi prima, durante e dopo le partite come i recenti fatti di San Siro a Milano dimostrano, mentre il vero scopo delle norme di pubblica sicurezza è l'applicazione sistematica contro gli indesiderati e i contestatori che, per ragioni politiche e sindacali, conducono le loro lotte pacifiche fuori dal proprio comune di residenza, come è accaduto per il foglio di via che nel 2021 ha colpito lavoratori e sindacalisti di base a San Donato Milanese. Il decreto legge veniva peraltro discusso in consiglio dei ministri nelle stesse ore in cui a Predappio, in aperta e plateale violazione delle norme legislative vigenti come le leggi Scelba e Mancino, duemila fascisti sfilavano in corteo - indossando camicie nere, ostentando simboli fascisti, cantando canzoni del ventennio e inneggiando apertamente al duce - non per una generica celebrazione nostalgica, ma addirittura per commemorare il centesimo anniversario della marcia su Roma, ossia dell'evento che instaurò il regime fascista. La benevolenza e il lassismo del governo su tale manifestazione illegale, con la questura di Forlì che lasciava impunemente i partecipanti sfilare senza frapporre ostacoli alla loro provocatoria e truculenta apologia di fascismo, si accompagnavano alla feroce ostilità e intransigenza verso i rave giovanili al punto da indurlo ad approvare e varare il suddetto decreto legge. Da una parte il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, riduceva a “una pagliacciata ” l'oscena sfilata di Predappio, pur sapendo da ex prefetto che simili manifestazioni violano precise norme dettate sia dalla Costituzione sia da specifiche leggi in tema di manifestazioni di carattere apertamente e dichiaratamente fasciste; dall'altra il Consiglio dei ministri approvava in fretta e furia un decreto legge per dare un segnale all'intero Paese e avvertirlo che non avrebbe tollerato e avrebbe represso col carcere duro ogni manifestazione di protesta introducendo il nuovo reato di “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica ”. Il carattere liberticida, arbitrario e fascista dell'articolo 5 del decreto legge n. 162 non è sfuggito neppure a chi fa parte della maggioranza che sostiene la Meloni, anzi a chi fa parte dello stesso governo, come il giurista Francesco Paolo Sisto, il quale, appena nominato viceministro della Giustizia del governo Meloni per Forza Italia, ha commentato negativamente la norma parlando a Radio24: “le occupazioni delle scuole e le manifestazioni di protesta civile – ha precisato Sisto - devono essere evidentemente escluse dalla norma ”. “La libertà di pensiero – ha concluso il giurista - come Forza Italia da sempre sostiene, non può essere e non sarà conculcata ”. Il presidente delle Camere penali, avvocato Gian Domenico Caiazza, ha messo in luce il concreto rischio per la libertà di tutti i cittadini, che rischiano a vedersi potenzialmente e arbitrariamente esposti a intercettazioni telefoniche e telematiche indiscriminate: “col nuovo reato – ha spiegato ad Adnkronos - sono possibili le intercettazioni per tutti, perché la pena prevista è superiore a 5 anni, e il codice di procedura penale prevede che le intercettazioni sono consentite per tutti i reati con la pena massima superiore a 5 anni, o se si vuole non sono consentite per reati con la pena massima inferiore a 5 anni. E qui si tratta di un reato che prevede una pena massima fino a 6 anni ”. “Dicono – ha aggiunto poi il penalista - che questo vale per gli organizzatori e non per i partecipi, ma non è così, perché nella norma si dice solo che se si è partecipi la pena è ‘diminuita', dunque ci troviamo di fronte a quella che tecnicamente si chiama una ‘diminuente', non una pena diversa. Se avessero detto ad esempio che per i partecipi la pena è fino a tre anni, allora effettivamente non sarebbero state consentite le intercettazioni nei loro confronti ”. Il giurista Gaetano Azzariti, poi, non ha dubbi circa l'incostituzionalità della norma, e lo dice espressamente in un'intervista rilasciata al “Corriere della Sera”: “il termine 'raduno' – ha affermato Azzariti - è applicabile a qualsiasi riunione, manifestazione, celebrazione di gruppo. E poi la definizione di 'pericolo' che potrebbe conseguire a un raduno è lasciata indeterminata. E questo espone al rischio di incostituzionalità. L’ultimo comma dell’articolo 17 della Costituzione salvaguarda il diritto a manifestare, con due soli vincoli: che lo si eserciti pacificamente e senz’armi. E ipotizza il divieto solo per comprovati motivi di sicurezza e incolumità pubblica. 'Comprovati' è in contrasto con una generica definizione di pericolo ”. Il costituzionalista, nella stessa intervista, ha espresso fondati timori sul fatto che l'indeterminatezza della formulazione di tale norma potrebbe consentire al governo di estenderla anche a raduni “di natura politica o sindacale ”. Infine, il costituzionalista non ha dubbi sul fatto che il Parlamento possa fare ben poco per migliorare l'articolo 5 del decreto legge n. 162, che quindi deve essere semplicemente abrogato: “è difficile – ha concluso il giurista - apportare miglioramenti in fase di conversione in legge, sarebbe più facile azzerare ”. Intervistato dal “Corriere della Sera”, ha espresso non poche preoccupazioni anche Giuseppe Santalucia, presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati. Alla domanda se sia possibile che la norma possa estendersi ad altri tipi di assembramento diversi dai rave party, quali manifestazioni di lavoratori, di studenti e di ambientalisti, il magistrato ha risposto che “la norma si presta a un’estensione ad altre manifestazioni che non siano i rave party ”. Infine, alla domanda se il decreto legge potrebbe ledere il principio costituzionale della libertà di riunirsi, Santalucia ha risposto: “non la libertà di riunirsi pacificamente, stando alla lettera della norma. Ma non è chiaro come si possa stabilire quando ci sia il rischio di una riunione non pacifica ”. Secondo l'opinione pressoché unanime dei giuristi citati, quindi, le norme penali introdotte per contrastare i rave party sono eccessivamente generiche, con la conseguenza che si crea una situazione di delega totale alle forze di polizia che decideranno, caso per caso e certamente in modo arbitrario, se in una determinata condotta c'è violazione della norma o meno, una discrezionalità che potrebbe colpire anche forme di lotta come l'occupazione di fabbriche da parte dei lavoratori a rischio di licenziamento e degli istituti di istruzione da parte degli studenti. Anche molte associazioni della società civile si sono unite al coro di proteste contro la norma fascista e liberticida varata dal governo Meloni. La segreteria nazionale dell'ANPI, in un comunicato del 2 novembre scorso, ha affermato a proposito della norma in discussione: “ci si riferisce genericamente a 'raduni pericolosi per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica' tramite 'invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati'. Rientrerebbero così in questa fattispecie di reato il presidio di un'azienda, l'occupazione di una scuola o di una università, o forse addirittura un sit-in o un corteo o addirittura le manifestazioni di festa sportiva o di altra natura. Chi lo decide? Il commissario di polizia? Il questore? Il prefetto? Lo stesso ministro dell'Interno? C'è una gravissima ed intollerabile ambiguità che può far emergere una propensione autoritaria del governo ”. Grave allarme è stato espresso anche dalla Fiom-Cgil in un comunicato dell'ufficio stampa del 2 novembre: “in una fase – si legge - di grande tensione economica e sociale, per il caro vita e il caro bollette, restringere gli spazi di democrazia e di libertà del dissenso, come previsto dal cosiddetto decreto anti-rave, è esattamente il contrario dell’applicazione della nostra Costituzione, che all’articolo 17 garantisce il diritto dei cittadini a riunirsi pacificamente. In queste ore sono stati in molti, tra associazioni, personalità, giuristi e costituzionalisti, a sottolineare la pericolosità di tale provvedimento ”. Come indica il Documento del Comitato centrale del 25 ottobre “Uniamoci contro il governo neofascista Meloni. Per il socialismo e il potere politico del proletariato”: “Su questi temi, come su tutte le altre rivendicazioni immediate e a lungo termine delle masse e dei migranti, bisogna creare contro il governo Meloni, almeno nella pratica, un fronte unito più ampio possibile composto dalle forze anticapitaliste, a cominciare da quelle con la bandiera rossa, dalle forze riformiste e dai partiti parlamentari di opposizione. Senza settarismi, pregiudizi ed esclusioni. Deve contare solo l'opposizione a questo governo. Sul campo di battaglia antineofascista c'è posto per tutti, il PMLI ci sarà senz'altro adottando la politica di unità e lotta, di dialettica e combattività. In questo fronte unito le forze anticapitaliste con la bandiera rossa dovrebbero svolgere un ruolo di avanguardia, di esempio e di spinta, concertando un'unità più stretta tra di esse, sulla base di un progetto comune sul futuro dell'Italia, che occorre discutere e approvare quanto prima, come abbiamo proposto pubblicamente il 17 febbraio 2021 nel documento contro il governo Draghi. In questo fronte unito il proletariato - la classe delle operaie e degli operai che producono tutta la ricchezza del Paese ma ne ricevono solo le briciole - deve assumere un ruolo dirigente appropriandosi della sua cultura storica, che è il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e non quella dell'operaismo, dell'anarco-sindacalismo e del riformismo. Finché non si riuscirà ad abbattere il governo neofascista Meloni bisogna rimanere uniti, poi ognuno andrà per la propria strada. Il PMLI andrà fino in fondo sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista.” 9 novembre 2022 pmli.it

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