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  • 11/02/2023 18:03

Riparte l’assalto dei partigiani alle foibe.

Riparte l’assalto dei partigiani alle foibe. Ma è la solita storia per giustificare i crimini di Tito I partigiani insistono sulle colpe compiute durante l’occupazione italiana e finiscono con "giustificare" il compartamento dei titini. Un errore storico che fa sempre meno rumore Riparte l’assalto dei partigiani alle foibe. Ma è la solita storia per giustificare i crimini di Tito Il documento sulle foibe redatto dai partigiani italiani, sloveni e croati è stato pubblicato ieri ma è passato sotto silenzio. Un silenzio che certifica, oramai, l’incapacità di ANPI e compagni di influenzare il dibattito in Italia su quanto accaduto sul confine orientale. Anche perché la musica che i partigiani suonano dal 2004 (anno in cui è stato istituito il Giorno del Ricordo) ad oggi è sempre la stessa. Ed è sempre stonata. A leggere il documento, infatti, fatte salve alcune espressioni di circostanza (la tragedia delle foibe e dell’esodo, per esempio), il mantra che viene ripetuto dai partigiani è sempre lo stesso: insistere sulle colpe compiute durante l’occupazione italiana per, in un certo senso, “giustificare” il comportamento dei partigiani titini. Nulla di più falso. Sia chiaro: le violenze da parte italiana (e tedesca) contro la popolazione locale durante l’occupazione ci sono state e sono state tremende. Chi scrive è stato a visitare il campo di concentramento di Arbe dove, a partire dal 1942, furono internate tra le 10mila e le 15mila persone. Un crimine che giustamente ancora oggi la Croazia ricorda e del cui memoriale si prende cura. Cosa che invece non accade poco più in là, a Goli Otok, dove a partire dal 1948 furono spediti, in uno dei peggiori campi di rieducazione che la Storia ricordi (“Meglio un mese a Dachau che un giorno a Goli”, disse uno degli internati che aveva avuto la sventura di provarli entrambi), quei comunisti che, dopo lo strappo tra Tito e l’Unione sovietica, erano rimasti fedeli a Mosca. “È questo il punto” - spiega Stefano Zecchi, giornalista e scrittore candidato per Fratelli d’Italia in regione Lombardia - “per il regime jugoslavo chiunque non fosse fedele all’ideologia titoista doveva essere nella migliore delle ipotesi rieducato, nella peggiore ucciso. L’obiettivo di Tito infatti era quello di eliminare ogni forma di libertà di pensiero. Soprattutto dopo la scissione con Stalin nel 48, dove tanti comunisti italiani vennero eliminati a Goli Otok”. Scrive l’Anpi: “Furono uccisi molti responsabili di crimini, ma anche persone innocenti e persino alcuni collaboratori del movimento di liberazione. In altri casi le foibe furono causate da una cieca volontà di vendetta ed in altri ancora da veri e propri delinquenti. Condanniamo le esecuzioni sommarie e rispettiamo il dramma dell'esodo che ha colpito tanti italiani che vivevano in Istria e in Dalmazia; prendiamo anche atto che la ricerca storica dimostra che vi sono state e persistono pesanti esagerazioni e strumentalizzazioni tese non a stabilire la verità storica ma a costruire su questi drammi forme simboliche di identità politica e nazionale”. Ora: guardiamo ai numeri. Parlando unicamente della Slovenia, dove c’è una fossa o foiba ogni 27 chilometri quadrati con una media di 135 vittime ciascuna, secondo le stime di una commissione governativa. Altri numeri: a guerra finita, Tito fece massacrare 250mila persone, soprattutto prigionieri in stragrande maggioranza sloveni, croati e serbi, che avevano combattuto dalla parte sbagliata della storia o civili, ma pure migliaia di italiani, spazzati via e nascosti per sempre nelle viscere della terra in nome di una pulizia multietnica e politica, attuata con ferocia soprattutto nel 1945, dopo la fine delle ostilità. L’obiettivo, per chi parla e scrive delle foibe, non è screditare il movimento partigiano. È semplicemente raccontare la verità su quanto successo dopo l’8 settembre 1943, quando iniziò la guerra civile e quando gli italiani cominciarono ad ammazzarsi a vicenda. Chi si pone questo obiettivo non può non dire che, in mezzo a tanti partigiani onesti, ce n’erano tanti altri che avevano visto nella Resistenza il momento ideale per sostituire una dittatura con un’altra e che per arrivare a questo erano disposti a tutto: compreso ammazzare innocenti. Il problema, come giustamente afferma l’Anpi, non è solamente italiano. Ma è anche Sloveno e Croato. E il primo punto per cominciare un percorso di vera riconciliazione è quello di cominciare a dire che quello di Tito fu uno dei peggiori regimi comunisti della Storia e che fu responsabile di massacri senza fine. E che la strada per portare il paradiso comunista in terra è lastricata di pietre con inciso il nome di centinaia di migliaia di morti spariti per sempre nel nulla.

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