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  • 30/01/2024 08:44

Gli scavi per la bonifica ambientale nel sito del porto furono fatti in assenza di sorveglianza archeologica.

Con la nuova progettazione dell’area Gesam il comune valuti di recuperare non solo la darsena del porto scoperta nel 2009, ma anche gli scali rinascimentali venuti alla luce nel 2022.


A proposito della bonifica ambientale nell’area Gesam, in merito alla quale nei giorni scorsi sono intervenuti sia il Comune che la società Italgas, è doveroso fare alcune precisazioni.


Gli scavi per la bonifica, con relativa asportazione di terra inquinata, sono stati eseguiti in tutela archeologica su buona parte dell’area Gesam, ma non, paradossalmente, nella zona dove si trovavano le strutture interrate del porto rinascimentale, cioè tra il muro che costeggia via Formica e l’edificio degli uffici tecnici.


Lì gli scavi sono stati eseguiti, in data 10 e 16 maggio 2022, senza alcuna tutela archeologica, cioè in quei due giorni, in cui è stato fatto un importante sbancamento, non sono stati chiamati gli archeologi della ditta incaricata da Italgas di fare la sorveglianza archeologica.


Questo nonostante fosse risaputo che lì si trovassero le strutture murarie del porto, in particolare i tre scali per il carico-scarico delle merci, come si poteva leggere chiaramente anche sul pannello illustrativo del porto che si trova proprio lì, all’inizio di via Formica, sul lato opposto del muro lungo il quale è stato fatto lo scavo.


E’ stato solo grazie a una cittadina di S.Concordio, che passando sulla pista ciclabile di via Formica si è affacciata al cancello della Gesam e ha visto e fotografato una bitta divelta dalla ruspa, che si è potuto appurare che la sorveglianza archeologica era assente. Ed è stato grazie ad Italia Nostra, che tempestivamente ha presentato un esposto, e grazie infine all’intervento dei Carabinieri di stanza in via Formica, che la Soprintendenza ha potuto essere messa a conoscenza del grave fatto.


La Soprintendenza ha messo in sicurezza, nei suoi depositi, la bitta per l’ormeggio “salvata” e ha disposto un’ulteriore fase di indagine. Sono stati così portati alla luce, nei pressi del luogo di ritrovamento della bitta, due dei tre “scali” del porto, in perfette condizioni di manutenzione, anche se presumibilmente è andata persa la documentazione della loro parte più superficiale, ove è verosimile che fossero ancorate altre bitte.


Quel 16 maggio, infatti, dal cancello di via Formica sono usciti ben 4 grandi autoarticolati a 5 assi, ciascuno dei quali poteva portare un carico di 45 tonnellate, anch’essi fotografati dai cittadini che nel frattempo, allarmati, si erano riuniti all’inizio della strada. Quei camion, carichi di terra mista a ciottoli, mattoni e pietre, hanno portato in discarica quanto era stato scavato nel sito del porto tra il 10 e il 16 maggio per una profondità di 1 metro e mezzo.


E’ stato ipotizzato che la bitta salvata, quella che era stata fotografata dalla passante, fosse in “giacitura secondaria”, ritenendo che la zona fosse già stata scavata in precedenza. Non vi è però alcuna evidenza documentale di scavi precedenti in quella specifica zona. E’riportato infatti che quando il porto fu definitivamente dismesso, alla fine dell’800, nel suo bacino furono piantati dei pini, che, cresciuti e diventati secolari, lì sono rimasti fino al 2010, quando furono abbattuti in concomitanza con l’inizio dei lavori del cd. Steccone. Quindi nessuno scavo era mai stato eseguito in quella zona che, dal momento della piantumazione dei pini fino ai nostri giorni, era rimasta intonsa, come risulta anche dalle foto aeree e dai rilievi catastali. Inoltre la bitta è stata fotografata quando era ancora in piedi, ancorata al muro di sostegno, ed è stata trovata alla stessa profondità delle due bitte rinvenute nel 2009 più a sud, nell’area ex Polis, rispetto alle quali era allineata.

In questa vicenda il grande assente è stato il Comune di Lucca, che all’epoca dei fatti, nel maggio 2022, era ancora governato dalla precedente Amministrazione, la quale non aveva mai fatto mistero di ritenere che del porto non fosse rimasto alcun resto significativo.

In conclusione, nonostante qualche falla nelle operazioni di bonifica e nonostante lo scetticismo della passata Amministrazione comunale, le strutture murarie degli scali del porto sono state ritrovate, integre e ben conservate, dietro il muro all’inizio di via Formica, esattamente là dove le riportano le mappe storiche.

Si auspica che la nuova Amministrazione, nel riprogettare l’area Gesam a seguito della perdita dei finanziamenti ex Pinqua, tenga conto della presenza degli “scali” del porto portati alla luce nel 2022 e non si limiti a recuperarne solo la “darsena,” scoperta più a sud, nel 2009, nel cantiere della Piazza Coperta.


Perché è vero che a Lucca “dove si scava, si trova qualcosa”, ma non nei quartieri periferici, ove è più necessario il recupero della memoria storica. Non è frequente poi, anche per gli archeologi, imbattersi in strutture murarie così particolari e rare, ed in questo caso anche integre, come quelle di un porto fluviale, che per molti secoli ha ricoperto un ruolo fondamentale nella storia commerciale della nostra città.


Comitato Per S.Concordio

I commenti

Lì sarebbe stato meglio non costruirci nemmeno se non ci fossero stati "due ciottori" sotto terra. Che comunque non erano due ciottori ma delle strutture murarie integre e perfettamente conservate. Chi non sarebbe stato d'accordo a preferire un prato alla piazza coperta?

Anonimo - 30/01/2024 12:41

Già è difficile portare a termine i lavori.....poi bisogna far fronte a queste iniziative inutili. La protesta su tettoia e specialmente galleria erano anche condivisibili, si doveva salvare il verde, ma questo non vuol dire che dobbiamo fermare tutto.

Boh - 30/01/2024 10:29

Ma quando costruiscono un discount o un supermercato vengono interpellati gli archeologi, o di va a dritto senza troppe storie ? È logico che prima di noi ci sono state altre civiltà, allora non si costruisce per due ciottori sotto terra! Ma fatela finita!

Anonimo - 30/01/2024 09:54

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