Comparto Sanità e nuovo contratto. Se gli Infermieri come professione ne escono male!
in queste ore si susseguono, in un tam tam continuo, proclami di questa o quella Organizzazione Sindacale sul rinnovo contrattuale della Sanità, dove si evidenziano vittorie e sconfitte contemporaneamente, come se si trattasse di contratti diversi e non dello stesso testo. Una cosa è certa, a mio avviso: gli Infermieri come professione ne escono male!
La professione sta vivendo un momento di profonda crisi, che di fatto trova un analogo periodo guardando indietro a circa 35 anni fa e che vorrei analizzare secondo i miei ricordi e la mia esperienza.
Erano gli anni ’90, mi affacciavo al mondo sanitario frequentando la Scuola per Infermieri Professionali del Policlinico Universitario di Messina, nelle corsie tantissimi infermieri generici; io ero affascinato dalla figura dell’Infermiere, vissuta in famiglia con la mamma che esercitava all’epoca come Infermiera Generica, appunto.
Trascorsi tre anni di corso studiando e formandomi, a 22 anni iniziai ad esercitare come Infermiere Professionale, accanto agli Infermieri Generici; la professione stentava a decollare, malgrado queste figure andavano a “morire” e sarebbero via via state sostituite da noi.
La soluzione immaginata al tempo per dare uno scossone alla Professione ed attirare giovani fu quella di elevarne il livello formativo, il bagaglio culturale e le competenze: nell’immaginario comune si fece intravedere un professionista infermiere, laureato, masterizzato (di I e II livello), con specializzazione Magistrale e Dottorato che avrebbe imposto pesantemente la sua presenza basandosi sull’oggettività del processo formativo universitario.
Fui il primo a crederci e decisi quale doveva essere il mio percorso formativo e tantissimi colleghi all’epoca furono entusiasti della prospettiva che si intravedeva e ci fu un rilancio in termini di attrattività.
Oggi, siamo di nuovo come allora, in tutti i sensi: il percorso per aumentare il nostro bagaglio formativo è completo, ma di contro nessun riconoscimento professionale tangibile, soprattutto sotto il profilo economico, salvo essere riconosciuti responsabili nei vari tribunali sparsi sul territorio nazionale!
Oggi, come allora, si discute in tutte le “stanze” (professionali, politiche, sindacali, ecc.) su come rendere attrattiva la professione e, come allora, si chiede all’infermiere di fare un ulteriore sforzo formativo sulle specialità e nel contempo si propina quale soluzione e panacea di tutti i problemi l’inserimento dell’assistente infermiere, una sorta di infermiere generico di passata memoria!
Ma non finisce qui, direbbe qualcuno, perché nel contempo gli attori che discutono nelle stanze decidono strategie contrastanti (forse!) per cui a quella richiesta di ulteriore sforzo formativo specialistico, segue un rinnovo contrattuale (firmato ancora quale ipotesi da taluni sindacati – fra cui quelli di categoria - e non da altri) che prevede un livellamento verso il basso del riconoscimento del percorso formativo: la nuova area dell’Elevata Qualificazione prevista nel ccnl vigente e che prevedeva quale requisito specifico per accedervi la laurea magistrale, nell’ipotesi di rinnovo, invece, prevede la triennale, in barba ai sacrifici per formarsi ed alle competenze!
Ed a nulla serve sostenere che nel ccnl esistono possibilità di carriera con incarichi di funzione, se nella stragrande maggioranza delle aziende sanitarie non v’è la necessaria copertura finanziaria, soprattutto nelle regioni meno “ricche”.
A completare questo quadretto tutt’altro che attrattivo, c’è il gap salariale con la nuova istituenda figura dell’assistente infermiere, davvero mortificante, rispetto alle responsabilità insite e riconosciute (solo in tribunale) all’Infermiere.
Ma tutto questo, a chi serve? Dove sono le promesse fatte agli “Eroi del Covid”? Perché alle tante parole e promesse, fatte non solo dal governo, non seguono i fatti?
Il mio non è campanilismo, anche se nel mio ruolo di rappresentante della Professione Infermieristica potrei addurlo: è una semplice considerazione su un fatto inconfutabile che balza agli occhi, cioè sul percorso inversamente proporzionale fra crescita del percorso formativo e riconoscimento professionale ed economico.
Questa “politica” riuscirà ad invertire il trend che vede un disaffezionamento graduale, progressivo ed inesorabile dalla professione?
Antonino Trino
Presidente Ordine delle Professioni Infermieristiche di Messina