LUCCA BARRUECA: Un viaggio nella tradizione musicale tra note e sapori
Domenica 5 ottobre: ORE 19 ...
Fenice, il caso Venezi: ipocrisia, politica, ideologia e gender dietro le polemiche
1. Un teatro che protesta… a senso unico
L’orchestra e le maestranze della Fenice hanno inscenato proteste clamorose contro la nomina di Beatrice Venezi come direttrice musicale dal 2026 al 2030. Applausi, volantini, dichiarazioni indignate: lo stato di agitazione permanente sembra la risposta a un sopruso. Ma dietro l’apparente difesa del “merito”, emergono contraddizioni che rivelano un’altra verità: più che di arte, qui si parla di ipocrisia e ideologia.
2. Il curriculum usato come alibi
Venezi è stata accusata di non avere esperienza sufficiente per guidare la Fenice. Eppure il suo curriculum racconta altro: più di 160 concerti sinfonici diretti, oltre 40 recite operistiche, incarichi con orchestre italiane e internazionali, da Londra a Buenos Aires. Dire che “non è all’altezza” suona come un pretesto: la giovane direttrice non è inesperta, semplicemente non appartiene ai circuiti tradizionali che controllano le poltrone del teatro.
3. La politica c’è, ma dalla parte sbagliata
Si accusa Venezi di essere una nomina “politica” perché giovane, donna e percepita vicina al governo. Ma la verità è che la politica entra soprattutto nella protesta: chi difende equilibri di potere consolidati usa lo slogan della “trasparenza” per respingere chi rompe schemi. Il voto unanime del Consiglio della Fondazione e l’appoggio del sovrintendente dimostrano che la scelta è stata istituzionale, non arbitraria. Le critiche sembrano piuttosto il riflesso di una resistenza corporativa, più che un vero scandalo.
4. L’ideologia del “curriculum perfetto”
Si invoca la tradizione della Fenice come se fosse un dogma: solo chi ha già diretto grandi cicli operistici a Venezia sarebbe degno. Ma così si esclude chi porta novità, freschezza e prospettive diverse. È un’ideologia travestita da “merito”, che in realtà protegge lo status quo. La stessa frase letta in sala — «La musica non ha colore, non ha genere, non ha età» — rivela l’ipocrisia: viene gridata per negare che proprio genere ed età abbiano pesato nelle critiche.
5. Gender come scudo… o arma
Un elemento fondamentale è il ruolo del gender: se Venezi fosse stata apertamente lesbica o appartenente a una comunità percepita come progressista, probabilmente alcune frange del pubblico e dei media l’avrebbero celebrata con slogan tipo “evviva la musica libera”. Invece, essendo una donna giovane ma non “politicamente corretta” in senso liberal-progressista, il genere diventa strumento di delegittimazione. Il gender agisce quindi come arma quando sfida il potere tradizionale e come scudo quando allinea a narrative di inclusione, indipendentemente dalle competenze artistiche reali.
6. La politica e la “cancel culture” selettiva
La vicenda Venezi mostra anche il funzionamento selettivo della cancel culture. Le accuse di favoritismo politico o di nomina “sbagliata” emergono soprattutto perché la direttrice non appartiene al gruppo liberal-progressista dominante in certe élite culturali. Se Venezi fosse stata percepita come allineata a questa corrente, il sostegno mediatico sarebbe stato massiccio e nessuno avrebbe parlato di scandalo. Invece, la protesta dimostra che la cancel culture funziona come filtro ideologico: si decide chi può essere legittimato e chi no, trasformando critiche professionali in battaglie politiche.
7. Conclusione
La vicenda Fenice non è uno scontro sul merito, ma un teatro di ipocrisie, lotte di potere e narrativa selettiva:
• Ipocrisia, perché si brandisce il curriculum come arma quando il problema è il controllo delle poltrone.
• Politica, perché le accuse di “nomina politica” servono a difendere rendite interne, non a valutare competenze.
• Ideologia, perché si invoca la tradizione come barriera contro l’innovazione.
• Gender, perché il fatto che Venezi sia donna viene strumentalizzato: arma contro di lei se non conforme al mainstream, scudo se allineata alle narrative progressiste.
• Cancel culture selettiva, perché la legittimazione o la condanna dipendono dalla rete politica/ideologica di appartenenza, non dai meriti effettivi.
In questo gioco di specchi, chi appare come vittima della politica rischia di esserne in realtà il protagonista: l’orchestra che protesta. La nomina di Beatrice Venezi segna un tentativo di apertura che un teatro come la Fenice non dovrebbe temere, ma che mette in luce i limiti della cultura del sospetto e della selezione ideologica.
Cosa stiamo a paragonare?
Carriera "sommessa" contro carriera "mediatica"? Fuorviante !!
La verità? Scappucci cosa c'entra con prestigiosi incarichi tipo la Fenice di Venezia? Non ha le basi.
Mica è figlia di uno degli eroici camerati di Forza Nuova.
Vuoi mettere?
Avrà esperienza allora come i grandi maestri che orchestrano fino a tarda età
Tardolescenti - 28/09/2025 12:31Capisco che oggi si è giovani fino ad età che al tempo di mio nonno erano considerate assai mature, ma la Venezi è del 1990, ovvero ha 35 anni, se la matematica non è un'opinione. Ovviamente è tutt'altro che "vecchia", ma se la vita professionale di una persona la vogliamo anche far arrivare a 75 anni, mi sento di dire che a 45 anni giovani non si è più, bensì si è di mezza età. La Venezi dunque è una donna fatta, ancora giovane, ma non certo appena arrivata sulla scena della vita e professionale. Tra meno di cinque anni sarà a 40 e tra 10 anni sarà appunto a 45.
anonimo - 28/09/2025 04:01Domenica 5 ottobre: ORE 19 ...
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