Flop nomina Venezi alla Fenice, Olivati: “Smontata la retorica sul merito della destra”
Dopo (auto)celebrazioni in ...
Dopo (auto)celebrazioni in pompa magna per la nomina di Beatrice Venezi alla Direzione Musicale del Teatro La Fenice di Venezia, assistiamo a uno strano silenzio o, meglio, a risposte debolissime, di fronte alle critiche durissime da parte del mondo musicale, che denunciano il curriculum insufficiente della musicista. Infatti, viene completamente demolita la retorica di una destra che si dipinge come promotrice della competenza e della professionalità, tanto da aver creato il Ministero dell’Istruzione e del “Merito”. Ancora più grave, sul piano locale, la risposta di Giorgio Angelo Lazzarini, amministratore unico del Teatro del Giglio, un’istituzione cardine di tutta la Provincia di Lucca, che sui social, nel rispondere alle critiche nei confronti di Venezi, arriva a parlare di “sistema stalinista”. La scelta di buttare sulla politica un dibattito che dovrebbe essere solo artistico rivela la carenza di argomenti.
Alla nomina non si sono infatti opposti
attori politici, ma professionisti. Decine, centinaia di musicisti di
talento che per raggiungere un tale livello hanno studiato e fatto
pratica nelle orchestre per anni, hanno decisamente titolo per
definire se una persona che li deve dirigere ha competenze o no.
E
la stroncatura è netta: i "professori d'orchestra", ovvero
i musicisti professionisti che fanno parte dell’orchestra del
Teatro, in un documento hanno criticato esclusivamente le competenze:
innanzitutto manca totalmente un progetto artistico, dato che “da
quando (il sovrintendente Nicola Colabianchi, ndr) ha assunto
l’incarico, ormai sei mesi fa, non è emersa alcune linea artistica
chiara, coerente o condivisa”. Per quanto riguarda la nomina, i
musicisti ne chiedono la revoca spiegando che “Il Direttore Venezi
non ha mai diretto né un titolo d’opera a né un concerto
sinfonico pubblico in cartellone alla Fenice. Il suo curriculum non è
minimamente paragonabile a quello delle grandi bacchette che, in
passato, hanno ricoperto il ruolo di Direttore Musicale in questo
Teatro. Venezi non ha mai diretto nei principali teatri d’opera
internazionali, né il suo nome compare nei cartelloni dei più
importanti festival del panorama musicale mondiale”.
Addirittura, è cominciata una campagna
di annunci di disdetta dell’abbonamento da parte dei frequentatori
storici della Fenice, con lettere scritte alla direzione. Lo stesso
pubblico che, nella serata di sabato 26 settembre, al termine della
Sinfonia n. 6 "Tragica" di Mahler, ha lanciato centinaia di
fogli contenenti un messaggio di vicinanza alla protesta dei
lavoratori. Un segnale netto che, dal basso, segnala una vera e
propria ribellione da parte di chi ama la musica, che, come
recitavano volantini è “arte, non intrattenimento”.
In
aggiunta a ciò, la mobilitazione si è estesa agli altri più grandi
Teatri italiani, con la solidarietà alla protesta della Fenice
arrivata dai lavoratori del Teatro della Scala di Milano, Teatro
Regio di Torino, Teatro Petruzzelli di Bari, del Teatro del Maggio di
Firenze, dell’Accademia Nazionale di Santa Ceciia, e di molti altri
che si stanno aggiungendo giorno dopo giorno.
Diventa quindi grave e segno di una totale mancanza di argomenti la debole risposta della classe dirigente di destra, come il capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera Galeazzo Bignami o, sul piano locale l’amministratore del Teatro del Giglio Giorgio Angelo Lazzarini: invece di provare a rispondere merito alle critiche sul curriculum, sostengono pretestuosamente sui social che Venezi viene attaccata per il suo orientamento politico. Gravissimo inoltre che Lazzarini, che nella sua posizione di rappresentante del massimo Teatro cittadino, si permetta di attaccare il giudizio di professionisti e musicisti dall’enorme professionalità e autorevolezza. Un’arroganza senza pari che ormai, li mette totalmente nel ridicolo.
Gabriele Olivati – capogruppo Lucca Futura
Si parla di una direttrice d’orchestra di fama. Dopo l’inarrivabile Riccardo Muti, la signora è probabilmente la bacchetta più nota al grande pubblico. Ma questa è una colpa anziché un merito agli occhi di chi la contesta
Beatrice Venezi è una direttrice d’orchestra di fama. Dopo l’inarrivabile Riccardo Muti, la signora è probabilmente la bacchetta più nota al grande pubblico ma questa è una colpa anziché un merito agli occhi di chi la contesta, la definisce «influencer» e sostiene che «l’arte non è intrattenimento». È stata nominata direttore musicale del Teatro La Fenice di Venezia dal sovrintendente, Nicola Colabianchi, che ha lasciato troppo a lungo il posto scoperto ed è stato poi costretto a una scelta rapida, senza confrontarsi con l’orchestra e i sindacati, come aveva invece promesso loro. Venezi è anche giovane, bella, di simpatie meloniane dichiarate e coraggiose, visto l’ambiente in cui opera, nonché figlia di un ex dirigente di Forza Nuova. È quindi oggetto di mal celata invidia e astio partigiano da parte degli orchestrali, sconosciuti quanto virtuosi operai del pentagramma che si fregiano del titolo di professore e la rifiutano per un misto di ideologia becera e sessismo tossico, giudicandola non alla loro altezza. La bocciano senza averci mai lavorato insieme, per pregiudizio, antipatia o per sentito dire. In più argomentano la loro ribellione con falsità, come che il teatro non è abituato a direzioni così giovani e che la acerba non avrebbe adeguata esperienza internazionale. Tuttavia dal 2011 al 2014 il teatro aveva un direttore, Diego Matheuz, che al momento della nomina aveva 27 anni, ma era sponsorizzato da Claudio Abbado, e Beatrice ha diretto al Coliseo di Buenos Aires, all’Holland Park di Londra, alla Filarmonica giapponese, in mezzo mondo e mezza Italia.
Il pretesto è la tutela dell’arte, il che rende la loro posizione insindacabile ai più. A contestare il giudizio dovrebbe essere il sovrintendente, che ha scelto la direttrice e ne capisce, ma Colabianchi, dopa aver pasticciato, sembra in balia degli eventi. Dopo averla nominata in un modo che pare fatto apposta per bruciarla, l’uomo si «scusa per la decisione presa con urgenza», fa una difesa d’ufficio della prescelta, chiede di «darle un’occasione», giura che «non aprirà la stagione». Insomma, la delegittima anziché aiutarla; forse per salvarsi, forse perché anche lui non gradisce in Laguna qualcuno che possa offuscarlo. Ne consegue inevitabilmente che i giornali più o meno antipatizzanti verso il governo intingono il biscotto nella vicenda con voracità, dipingendo l’episodio come un caso di ingerenza del potere nell’arte, senza indagare se questo sia vero e sorvolando sul fatto che, nel caso, non sarebbe certo la prima volta.
Quanto a Venezi, al momento tace, non potendo far parlare la musica. Senz’altro è lei per ora la sola vera vittima della vicenda, che rischia di costituire un precedente pericoloso. Se La Fenice rifiuta Beatrice, chi altri potrà poi accettarla senza passare per un palcoscenico di secondaria importanza? La sfida di potere tra sindacalisti e orchestrali snobbati e un sovrintendente pasticcione può bruciare quella che fino a ieri era ritenuta una direttrice d’orchestra di sicuro avvenire che non aveva chiesto niente a nessuno. Nel giubilo dell’intellighenzia progressista, che nella direttrice vede un rivale politico da abbattere e non un patrimonio artistico da conservare e le consiglia il passo indietro per il suo bene. “Com’è triste Venezi”, titolava la Stampa. La vicenda si avvia verso un esisto prevedibile; con l’unico colpo di scena che la direttrice d’orchestra risorgerà dalle proprie ceneri prima della Fenice. E senza dover dire grazie alla politica, che semmai le è d’intralcio.
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